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Ovidio


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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita VIII, 9
 
originale
 
[9] Romani consules, priusquam educerent in aciem, immolauerunt. Decio caput iocineris a familiari parte caesum haruspex dicitur ostendisse: alioqui acceptam dis hostiam esse; Manlium egregie litasse. 'atqui bene habet' inquit Decius, 'si ab collega litatum est.' instructis, sicut ante dictum est, ordinibus processere in aciem; Manlius dextro, Decius laeuo cornu praeerat. primo utrimque aequis uiribus, eodem ardore animorum gerebatur res; deinde ab laeuo cornu hastati Romani, non ferentes impressionem Latinorum, se ad principes recepere. in hac trepidatione Decius consul M. Valerium magna uoce inclamat. 'deorum' inquit, 'ope, M. Valeri, opus est; agedum, pontifex publicus populi Romani, praei uerba quibus me pro legionibus deuoueam.' pontifex eum togam praetextam sumere iussit et uelato capite, manu subter togam ad mentum exserta, super telum subiectum pedibus stantem sic dicere: 'Iane, Iuppiter, Mars pater, Quirine, Bellona, Lares, Diui Nouensiles, Di Indigetes, Diui, quorum est potestas nostrorum hostiumque, Dique Manes, uos precor ueneror, ueniam peto feroque, uti populo Romano Quiritium uim uictoriam prosperetis hostesque populi Romani Quiritium terrore formidine morteque adficiatis. sicut uerbis nuncupaui, ita pro re publica [pouli Romani] Quiritium, exercitu, legionibus, auxiliis populi Romani Quiritium, legiones auxiliaque hostium mecum Deis Manibus Tellurique deuoueo.' haec ita precatus lictores ire ad T. Manlium iubet matureque collegae se deuotum pro exercitu nuntiare; ipse incinctus cinctu Gabino, armatus in equum insiluit ac se in medios hostes immisit, conspectus ab utraque acie, aliquanto augustior humano uisu, sicut caelo missus piaculum omnis deorum irae qui pestem ab suis auersam in hostes ferret. ita omnis terror pauorque cum illo latus signa primo Latinorum turbauit, deinde in totam penitus aciem peruasit. euidentissimum id fuit quod, quacumque equo inuectus est, ibi haud secus quam pestifero sidere icti pauebant; ubi uero corruit obrutus telis, inde iam haud dubie consternatae cohortes Latinorum fugam ac uastitatem late fecerunt. simul et Romani exsolutis religione animis, uelut tum primum signo dato coorti pugnam integram ediderunt; nam et rorarii procurrerant inter antepilanos addiderantque uires hastatis ac principibus et triarii genu dextro innixi nutum consulis ad consurgendum exspectabant.
 
traduzione
 
9 I consoli romani offrirono sacrifici prima di guidare le loro truppe all'assalto. A quanto si racconta, l'aruspice avrebbe fatto notare a Decio che il fegato era inciso nella parte famigliare, ma che la vittima era ugualmente gradita agli d?i e che Manlio aveva ottenuto auspici quanto mai favorevoli. ?Allora sta bene?, disse Decio ?il collega ha ricevuto dei segni favorevoli?. Nella formazione gi? descritta, i Romani avanzarono sul campo di battaglia. Manlio guidava l'ala destra, Decio la sinistra. All'inizio le forze e l'ardore dei combattenti erano uguali da entrambe le parti. Ma dopo qualche tempo gli hastati romani, non riuscendo a reggere la pressione dei Latini, dovettero riparare tra i principes. In questo momento di smarrimento, il console Decio chiam? Marco Valerio a gran voce e gli grid?: ?Abbiamo bisogno dell'aiuto degli d?i, Marco Valerio. Avanti, pubblico pontefice del popolo romano, dettami le parole di rito con le quali devo offrire la mia vita in sacrificio per salvare le legioni?. Il pontefice gli ordin? di indossare la toga pretesta, di coprirsi il capo e, toccandosi il mento con una mano fatta uscire da sotto la toga, di pronunciare le seguenti parole, ritto, con i piedi su un giavellotto: ?Giano, Giove, padre Marte, Quirino, Bellona, Lari, d?i Novensili, d?i Indigeti, d?i nelle cui mani ci troviamo noi e i nostri nemici, d?i Mani, io vi invoco, vi imploro e vi chiedo umilmente la grazia: concedete benigni ai Romani la vittoria e la forza necessaria e gettate paura, terrore e morte tra i nemici del popolo romano e dei Quiriti. Come ho dichiarato con le mie parole, cos? io agli d?i Mani e alla Terra, per la repubblica del popolo romano dei Quiriti, per l'esercito, per le legioni e per le truppe ausiliarie del popolo romano dei Quiriti, offro in voto le legioni e le truppe ausiliarie del nemico insieme con me stesso?. Rivolta questa invocazione, ordin? ai littori di recarsi da Tito Manlio e di annunciare quanto prima al suo collega che egli si era offerto in sacrificio per il bene dell'esercito. Cintasi poi la toga con il cinto gabino, salt? a cavallo con le armi in pugno e si gett? in mezzo ai nemici, apparendo a entrambi gli eserciti con un aspetto ben pi? maestoso di quello umano, come fosse stato inviato dal cielo per placare ogni ira degli d?i e allontanare dai compagni la disfatta rovinosa, respingendola sui nemici. Fu per questo che il suo assalto semin? panico e terrore nelle prime file dei Latini, arrivando poi a contagiare l'intero esercito. Era evidentissimo che, dovunque si dirigesse in sella al suo cavallo, l? i nemici si ritraevano spaventati come fossero stati colpiti da una meteora letale. Ma quando poi cadde sommerso da una pioggia di frecce, da quel momento non ci furono pi? dubbi sullo sbandamento delle coorti latine che si diedero ovunque alla fuga, lasciando dietro di s? il deserto. Nello stesso istante i Romani - liberati dal peso della superstizione -, come se solo allora fosse stato dato il segnale, si lanciarono all'assalto, riaccendendo la mischia. Infatti anche i rorarii si fecero sotto, tra gli antepilani, aggiungendo le loro forze a quelle di hastati e principes, mentre i triarii, ancora inginocchiati sulla gamba destra, aspettavano che il console desse loro il segnale di alzarsi.
 

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