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Ovidio


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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita VIII, 10
 
originale
 
[10] Procedente deinde certamine cum aliis partibus multitudo superaret Latinorum, Manlius consul audito euentu collegae, cum, ut ius fasque erat, lacrimis non minus quam laudibus debitis prosecutus tam memorabilem mortem esset, paulisper addubitauit an consurgendi iam triariis tempus esset; deinde melius ratus integros eos ad ultimum discrimen seruari, accensos ab nouissima acie ante signa procedere iubet. qui ubi subiere, extemplo Latini, tamquam idem aduersarii fecissent, triarios suos excitauerunt; qui aliquamdiu pugna atroci cum et semet ipsi fatigassent et hastas aut praefregissent aut hebetassent, pellerent [ui] tamen hostem, debellatum iam rati peruentumque ad extremam aciem, tum consul triariis 'consurgite nunc' inquit, 'integri aduersus fessos, memores patriae parentumque et coniugum ac liberorum, memores consulis pro uestra uictoria morte occubantis'. ubi triarii consurrexerunt integri refulgentibus armis, noua ex improuiso exorta acies, receptis in interualla ordinum antepilanis, clamore sublato principia Latinorum perturbant hastisque ora fodientes primo robore uirorum caeso per alios manipulos uelut inermes prope intacti euasere tantaque caede perrupere cuneos ut uix quartam partem relinquerent hostium. Samnites quoque sub radicibus montis procul instructi praebuere terrorem Latinis. ceterum inter omnes ciues sociosque praecipua laus eius belli penes consules fuit, quorum alter omnes minas periculaque ab deis superis inferisque in se unum uertit, alter ea uirtute eoque consilio in proelio fuit ut facile conuenerit inter Romanos Latinosque, qui eius pugnae memoriam posteris tradiderunt, utrius partis T. Manlius dux fuisset, eius futuram haud dubie fuisse uictoriam. Latini ex fuga se Minturnas contulerunt. castra secundum proelium capta multique mortales ibi uiui oppressi, maxime Campani. Decii corpus ne eo die inueniretur, nox quaerentes oppressit; postero die inuentum inter maximum hostium stragem, coopertum telis, funusque ei par morti celebrante collega factum est. illud adiciendum uidetur licere consuli dictatorique et praetori, cum legiones hostium deuoueat, non utique se sed quem uelit ex legione Romana scripta ciuem deuouere; si is homo qui deuotus est moritur, probe factum uideri; ni moritur, tum signum septem pedes altum aut maius in terram defodi et piaculum [hostia] caedi; ubi illud signum defossum erit, eo magistratum Romanum escendere fas non esse. sin autem sese deuouere uolet, sicuti Decius deuouit, ni moritur, neque suum neque publicum diuinum pure faciet, siue hostia siue quo alio uolet. qui sese deuouerit, Volcano arma siue cui alii diuo uouere uolet ius est. telo, super quod stans consul precatus est, hostem potiri fas non est; si potiatur, Marti suouetaurilibus piaculum fieri. Haec.
 
traduzione
 
10 Mentre la battaglia continuava e in alcuni punti i Latini stavano avendo la meglio grazie alla superiorit? numerica, il console Manlio venne a conoscenza della fine del collega e, dopo aver onorato con il pianto e le giuste lodi - come richiedevano il senso del dovere e la piet? - una morte cos? gloriosa, rimase per un attimo nel dubbio se fosse gi? giunto il tempo di una sortita dei triarii. Ma poi, pensando fosse preferibile tenerli in serbo per l'attacco finale, ordin? agli accensi di portarsi dalle retrovie al di l? delle insegne. Non appena essi presero posizione, ecco che i Latini, convinti che gli avversari avessero fatto la stessa mossa, mandarono avanti i loro triarii, i quali, pur sfiniti, con le lance rotte o spuntate, dopo aver combattutto con grande accanimento per qualche tempo, riuscirono a respingere il nemico; e credevano di aver gi? avuto la meglio e di aver raggiunto l'ultima linea avversaria, quando il console disse ai triarii: ?Ora alzatevi e affrontate freschi come siete il nemico sfinito, ricordandovi della patria, dei genitori, di mogli e figli, e del console caduto per la vostra vittoria?. Quando i triarii si alzarono, pieni di energie, con le loro armi luccicanti, nuova schiera spuntata all'improvviso, accolsero gli antepilani negli spazi vuoti tra le loro schiere e levando il grido di guerra seminarono lo scompiglio tra le prime file dei Latini. Colpendoli in faccia con le aste e massacrandone il fiore della giovent?, penetrarono attraverso gli altri manipoli come se questi non fossero armati, frantumando i loro cunei con un massacro di tali proporzioni che a stento un quarto dei nemici sopravvisse. Anche i Sanniti, schierati a distanza ai piedi delle montagne, terrorizzarono i Latini. Tra tutti i cittadini e gli alleati, la gloria principale di quella vittoria fu dei consoli: uno dei quali aveva attirato unicamente verso la propria persona tutte le minacce e le maledizioni degli d?i celesti e infernali, mentre l'altro aveva dimostrato in battaglia un coraggio e un'accortezza tali che, quanti tra Romani e Latini lasciarono un resoconto della battaglia concordarono agevolmente sul fatto che qualunque fosse stata la parte guidata da Tito Manlio, a quella sarebbe sicuramente andata la vittoria. I Latini in fuga ripararono a Minturno. Il loro accampamento venne preso dopo la battaglia e l? molti uomini - in buona parte Campani - furono catturati e passati per le armi. Il corpo di Decio non venne recuperato quel giorno, perch? la notte interruppe le ricerche. Fu rinvenuto il giorno dopo sotto un mucchio di frecce in mezzo all'enorme massa di nemici caduti. Il collega gli tribut? onoranze funebri adeguate alla morte toccatagli. Mi sembra opportuno aggiungere che il console, il dittatore o il pretore che offra in sacrificio le legioni nemiche non deve necessariamente immolare se stesso, ma pu? scegliere di offrire un cittadino incluso in una legione romana regolarmente arruolata e scelto a suo piacimento. Se l'uomo che viene offerto muore, ? segno che le cose riusciranno per il meglio. Se invece non muore, allora una sua immagine viene sotterrata a sette o pi? piedi di pro-fondit? nella terra, e viene offerta in sacrificio una vittima espiatoria. E al magistrato romano non sar? consentito di salire sopra il punto in cui l'immagine ? stata sotterrata. Se poi vuole offrire se stesso in voto, come fece Decio, e non muore, non pu? offrire sacrifici di natura n? pubblica n? privata senza macchiarsi di una colpa, sia che ricorra a una vittima, sia che si serva di un'altra offerta di suo piacimento. Colui che si offre in voto ha il diritto di dedicare le proprie armi a Vulcano o a qualunque altra divinit? desideri. ? considerata una violazione sacrilega che il nemico si impossessi del giavellotto sul quale ? stato in piedi il console nell'atto di pronunciare la sua invocazione. Nel caso in cui la cosa si verifichi, bisogna placare l'ira di Marte offrendo in sacrificio una pecora, un maiale e un toro.
 

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