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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita VIII, 29
 
originale
 
[29] Eodem anno cum satis per se ipsum Samnitium bellum et defectio repens Lucanorum auctoresque defectionis Tarentini sollicitos haberent patres, accessit ut et Vestinus populus Samnitibus sese coniungeret. quae res sicut eo anno sermonibus magis passim hominum iactata quam in publico ullo concilio est, ita insequentis anni consulibus, L. Furio Camillo iterum Iunio Bruto Scaeuae, nulla prior potiorque uisa est de qua ad senatum referrent. et quamquam [non] noua res erat, tamen tanta cura patres incessit ut pariter eam susceptam neglectamque timerent, ne aut impunitas eorum lasciuia superbiaque aut bello poenae expetitae metu propinquo atque ira concirent finitimos populos; et erat genus omne abunde bello Samnitibus par, Marsi Paelignique et Marrucini, quos, si Vestinus attingeretur, omnes habendos hostes. uicit tamen pars quae in praesentia uideri potuit maioris animi quam consilii; sed euentus docuit fortes fortunam iuuare. bellum ex auctoritate patrum populus aduersus Vestinos iussit. prouincia ea Bruto, Samnium Camillo sorte euenit. exercitus utroque ducti et cura tuendorum finium hostes prohibiti coniungere arma. ceterum alterum consulem L. Furium, cui maior moles rerum imposita erat, morbo graui implicitum fortuna bello subtraxit; iussusque dictatorem dicere rei gerendae causa longe clarissimum bello ea tempestate dixit, L. Papirium Cursorem, a quo Q. Fabius Maximus Rullianus magister equitum est dictus, par nobile rebus in eo magistratu gestis, discordia tamen, qua prope ad ultimum dimicationis uentum est, nobilius. ab altero consule in Vestinis multiplex bellum nec usquam uario euentu gestum est. nam et peruastauit agros et populando atque urendo tecta hostium sataque in aciem inuitos extraxit; et ita proelio uno accidit Vestinorum res, haudquaquam tamen incruento milite suo, ut non in castra solum refugerent hostes sed iam ne uallo quidem ac fossis freti dilaberentur in oppida, situ urbium moenibusque se defensuri. postremo oppida quoque ui expugnare adortus, primo Cutinam ingenti ardore militum a uolnerum ira quod haud fere quisquam integer proelio excesserat, scalis cepit, deinde Cingiliam. utriusque urbis praedam militibus, quod eos neque portae nec muri hostium arcuerant, concessit.
 
traduzione
 
29 Quello stesso anno, mentre la guerra coi Sanniti e l'improvvisa defezione dei Lucani insieme con i loro sobillatori, i Tarentini, erano gi? motivi di sufficiente preoccupazione per i senatori, si aggiunse l'accordo del popolo dei Vestini con i Sanniti. Questa iniziativa fu quell'anno argomento pi? dei discorsi della gente che delle pubbliche assemblee. E cos? i consoli dell'anno successivo, Lucio Furio Camillo (per la seconda volta) e Giunio Bruto Sceva, ritennero che la questione fosse pi? importante e urgente di qualunque altra e la misero all'ordine del giorno di fronte al senato. E sebbene il fatto non fosse una novit?, tuttavia ingener? nei senatori uno stato di ansia tale che essi avevano paura sia di occuparsene sia di trascurarlo: lasciando infatti impuniti i Vestini, si sarebbe corso il rischio che i popoli dei dintorni si sollevassero con arroganza; con una guerra punitiva, invece, il rischio era che la paura di un pericolo imminente e il risentimento li spingessero ad agire. E in pi?, quella gente aveva nel complesso forze pari a quelle dei Sanniti, comprendendo Marsi, Peligni e Marrucini: se si fossero toccati i Vestini, erano da considerare tutti nemici. Ebbe tuttavia la meglio l'opinione che al momento poteva dar l'impressione di essere pi? audace che assennata. Ma gli sviluppi dimostrarono che la fortuna sta dalla parte dei coraggiosi. Il popolo, autorizzato dal senato, vot? la dichiarazione di guerra ai Vestini. Questa campagna tocc? in sorte a Bruto, mentre a Camillo and? quella contro i Sanniti. Gli eserciti vennero condotti sull'uno e l'altro fronte e i nemici, dovendo proteggere i propri confini, vennero messi nell'impossibilit? di unire le forze. Ma uno dei consoli, Lucio Furio, sulle cui spalle gravava il peso maggiore, venne disgraziatamente colpito da una grave malattia e fu costretto ad abbandonare il comando. Avendo ricevuto disposizione di nominare un dittatore per proseguire la guerra, egli scelse il militare di gran lunga pi? rinomato del periodo, cio? Lucio Papirio, il quale nomin? maestro di cavalleria Quinto Fabio Massimo Rulliano: coppia famosa per quanto avevano compiuto insieme in quel campo, essi divennero ancora pi? famosi per la discordia che li spinse a un contrasto quasi all'ultimo sangue. L'altro console condusse nella terra dei Vestini una guerra dai diversi aspetti, ma dall'esito sempre favorevole. Devast? infatti le campagne dei nemici e, saccheggiandone e incendiandone case e raccolti, li costrinse a combattere in campo aperto contro la loro volont?. Cos?, in una sola battaglia, pur subendo anch'egli perdite rovinose, costrinse le forze dei Vestini in una situazione tale che non solo essi si rifugiarono nell'accampamento, ma, non ritenendosi pi? al sicuro dietro il parapetto e le trincee, si riversarono all'interno delle loro citt? fortificate, sperando di trovare riparo nella posizione naturale e nelle mura. Ma alla fine, deciso a espugnare anche le citt? con il ricorso alla forza, il console, in virt? dello straordinario coraggio dei suoi uomini, determinati a vendicarsi delle ferite subite (quasi nessuno era uscito illeso dalla battaglia), espugn? prima Cutina con l'uso di scale e poi Cingilia. Il bottino fatto in entrambe le citt? fu concesso ai soldati, che n? le porte n? le mura nemiche erano riuscite a fermare.
 

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