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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Livio
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Ab urbe condita VIII, 32
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originale
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[32] Clamor e tota contione ortus, uti bonum animum haberet: neminem illi uim allaturum saluis legionibus Romanis. haud multo post dictator aduenit classicoque extemplo ad contionem aduocauit. tum silentio facto praeco Q. Fabium magistrum equitum citauit; qui simul ex inferiore loco ad tribunal accessit, tum dictator 'quaero' inquit 'de te, Q. Fabi, cum summum imperium dictatoris sit pareantque ei consules, regia potestas, praetores, iisdem auspiciis quibus consules creati, aequum censeas necne magistrum equitum dicto audientem esse; itemque illud interrogo, cum me incertis auspiciis profectum ab domo scirem, utrum mihi turbatis religionibus res publica in discrimen committenda fuerit an auspicia repetenda ne quid dubiis dis agerem; simul illud, quae dictatori religio impedimento ad rem gerendam fuerit, num ea magister equitum solutus ac liber potuerit esse. sed quid ego haec interrogo, cum, si ego tacitus abissem, tamen tibi ad uoluntatis interpretationem meae dirigenda tua sententia fuerit? quin tu respondes uetuerimne te quicquam rei me absente agere, uetuerimne signa cum hostibus conferre? quo tu imperio meo spreto, incertis auspiciis, turbatis religionibus, aduersus morem militarem disciplinamque maiorum et numen deorum ausus es cum hoste confligere. ad haec quae interrogatus es responde; at extra ea caue uocem mittas. accede, lictor.' aduersus [quae] singula cum respondere haud facile esset, et nunc quereretur eundem accusatorem capitis sui ac iudicem esse, modo uitam sibi eripi citius quam gloriam rerum gestarum posse uociferaretur purgaretque se in uicem atque ultro accusaret, tunc Papirius redintegrata ira spoliari magistrum equitum ac uirgas et secures expediri iussit. Fabius fidem militum implorans lacerantibus uestem lictoribus ad triarios tumultum iam [in contione] miscentes sese recepit. inde clamor in totam contionem est perlatus; alibi preces, alibi minae audiebantur. qui proximi forte tribunali steterant, quia subiecti oculis imperatoris noscitari poterant, orabant ut parceret magistro equitum neu cum eo exercitum damnaret; extrema contio et circa Fabium globus increpabant inclementem dictatorem nec procul seditione aberant. ne tribunal quidem satis quietum erat; legati circumstantes sellam orabant ut rem in posterum diem differret et irae suae spatium et consilio tempus daret: satis castigatam adulescentiam Fabi esse, satis deformatam uictoriam; ne ad extremum finem supplicii tenderet neu unico iuueni neu patri eius, clarissimo uiro, neu Fabiae genti eam iniungeret ignominiam. cum parum precibus, parum causa proficerent, intueri saeuientem contionem iubebant: ita inritatis militum animis subdere ignem ac materiam seditioni non esse aetatis, non prudentiae eius; neminem id Q. Fabio poenam deprecanti suam uitio uersurum sed dictatori, si occaecatus ira infestam multitudinem in se prauo certamine mouisset. postremo, ne id se gratiae dare Q. Fabi crederet, se ius iurandum dare paratos esse non uideri e re publica in Q. Fabium eo tempore animaduerti.
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traduzione
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32 Dall'intera assemblea si lev? allora un urlo: che stesse di buon animo, perch? nessuno lo avrebbe toccato finch? le legioni romane rimanevano in vita.
Poco dopo arriv? il dittatore e s?bito fece convocare l'assemblea con uno squillo di tromba. Fu allora che un araldo, una volta fatto silenzio, chiam? il maestro di cavalleria Quinto Fabio. Non appena questi si fu avvicinato alla tribuna, il dittatore grid?: ?Chiedo a te, Quinto Fabio, in considerazione del fatto che l'autorit? del dittatore ? assoluta e ad essa ottemperano i consoli, dotati di poteri pari a quelli dei re, e i pretori che vengono eletti sotto gli stessi auspici dei consoli, chiedo a te se tu ritenga giusto o meno che il maestro di cavalleria obbedisca agli ordini del dittatore. E poi ti domando questo: dato che io sapevo di esser partito dalla patria con auspici incerti, avrei dovuto esporre il paese a un rischio gravissimo in un momento di cattivi rapporti con gli d?i, oppure avrei dovuto evitare di rinnovare gli auspici, onde evitare di prendere iniziative quando la volont? degli d?i era in dubbio? Ugualmente ti chiedo: se un qualche scrupolo religioso impediva al dittatore di concludere la campagna, il maestro di cavalleria poteva forse considerarsi libero e sciolto da esso? Ma perch? ti faccio queste domande? Se anche io fossi partito senza lasciare ordini, tuttavia tu avresti dovuto rivolgere i tuoi pensieri a interpretare la mia volont?! Rispondimi, ora: non ti ho vietato di prendere qualunque iniziativa durante la mia assenza? Non ti ho vietato di scontrarti coi nemici? Ma tu questi ordini li hai disprezzati: e non ostante gli auspici fossero incerti e la volont? degli d?i in dubbio, tu, contro ogni norma militare, contro la disciplina dei nostri padri e contro il volere delle divinit?, hai osato scontrarti col nemico. Rispondi alle domande che ti sono state rivolte. Ma gu?rdati dal fare parola d'altro. Vieni avanti, littore?.
Dato che ribattere alle accuse una per una non era cosa semplice, Fabio ora si lamentava del fatto che ad accusarlo e a giudicarlo in una questione di vita e di morte fosse la stessa persona, ora gridava che gli avrebbero potuto portar via pi? facilmente la vita che non la gloria conquistata, ora difendeva se stesso e passava a sua volta ad accusare il dittatore, fino a quando Papirio, in un nuovo attacco di ira, ordin? di denudare il maestro di cavalleria e di preparare verghe e scuri. Fabio, implorando la protezione dei soldati, mentre i littori gli strappavano le vesti, and? a rifugiarsi in mezzo ai triarii che avevano incominciato a rumoreggiare [in fondo all'assemblea].
L'urlo da l? si diffuse per tutta l'assemblea: da una parte si udivano suppliche, dall'altra minacce. Quelli che per caso si trovavano vicino alla tribuna, potendo essere riconosciuti dal dittatore perch? sotto i suoi occhi, lo supplicavano di risparmiare il maestro di cavalleria e di non condannare l'esercito insieme con lui. Quelli che invece sedevano ai margini dell'assemblea e la massa di soldati intorno a Fabio urlavano contro la crudelt? del dittatore ed erano prossimi alla sommossa. Ma neppure sulla tribuna vi era calma: i luogotenenti, stando intorno alla sedia del dittatore, lo pregavano di rimandare la cosa al giorno successivo, in modo che la sua rabbia si placasse e il tempo gli portasse consiglio. Aveva gi? colpito quanto bastava la giovane et? di Fabio, screditandone a sufficienza la vittoria. Non arrivasse al verdetto pi? crudele, non infliggesse quell'umiliazione a un giovane che non aveva eguali, a suo padre, personalit? tra le pi? in vista, alla famiglia Fabia! Quando si resero conto che a poco valevano le preghiere e le argomentazioni a difesa, i soldati invitarono il dittatore a osservare l'assemblea in fermento: visto che gli animi erano cos? surriscaldati, non si addiceva n? alla sua et? n? alla sua esperienza alimentare il fuoco della rivolta. Se, accecato dall'ira, avesse scatenato contro di s? la massa in una folle lotta, nessuno ne avrebbe fatto carico a Quinto Fabio - che cercava di scampare alla punizione -, ma al dittatore. E infine, perch? non pensasse che quei consigli miravano solo ad aiutare Quinto Fabio, si dichiararono pronti a giurare che era contrario al supremo interesse dello Stato punire Quinto Fabio in quel frangente.
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