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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita VIII, 39
 
originale
 
[39] Equitum acies qualis quae esse instructissima potest inuecta in dissipatos impeditosque hostes caede omnia replet. inter sarcinas omissas repente, obiacentes pedibus fugientium consternatorumque equorum, neque pugnae neque fugae satis potentes caeduntur. tum deleto prope equitatu hostium M. Fabius circumductis paululum alis ab tergo pedestrem aciem adoritur. clamor inde nouus accidens et Samnitium terruit animos et dictator, ubi respectantes hostium antesignanos turbataque signa et fluctuantem aciem uidit, tum appellare, tum adhortari milites, tribunos principesque ordinum nominatim ad iterandam secum pugnam uocare. nouato clamore signa inferuntur, et quidquid progrediebantur magis magisque turbatos hostes cernebant. eques ipse iam primis erat in conspectu et Cornelius respiciens ad manipulos militum, quod manu, quod uoce poterat, monstrabat uexilla se suorum parmasque cernere equitum. quod ubi auditum simul uisumque est, adeo repente laboris per diem paene totum tolerati uolnerumque obliti sunt, ut haud secus quam si tum integri e castris signum pugnae accepissent concitauerint se in hostem. nec ultra Samnis tolerare terrorem equitum peditumque uim potuit; partim in medio caesi, partim in fugam dissipati sunt. pedes restantes ac circumuentos cecidit: ab equite fugientium strages est facta, inter quos et ipse imperator cecidit. hoc demum proelium Samnitium res ita infregit, ut omnibus conciliis fremerent minime id quidem mirum esse, si impio bello et contra foedus suscepto, infestioribus merito deis quam hominibus nihil prospere agerent: expiandum id bellum magna mercede luendumque esse; id referre tantum utrum supplicia noxio paucorum an omnium innoxio praebeant sanguine; audebantque iam quidam nominare auctores armorum. unum maxime nomen per consensum clamantium Brutuli Papi exaudiebatur; uir nobilis potensque erat, haud dubie proximarum indutiarum ruptor. de eo coacti referre praetores decretum fecerunt ut Brutulus Papius Romanis dederetur et cum eo praeda omnis Romana captiuique ut Romam mitterentur quaeque res per fetiales ex foedere repetitae essent secundum ius fasque restituerentur. fetiales Romam, ut censuerunt, missi et corpus Brutuli exanime; ipse morte uoluntaria ignominiae se ac supplicio subtraxit. placuit cum corpore bona quoque eius dedi. nihil tamen earum rerum praeter captiuos ac si qua cognita ex praeda sunt acceptum est; ceterarum rerum inrita fuit deditio. dictator ex senatus consulto triumphauit.
 
traduzione
 
39 La cavalleria, schierata come meglio non sarebbe stato possibile, assal? i nemici dispersi e appesantiti, seminando strage ovunque. Furono massacrati perch?, avendo tra i piedi i bagagli che avevano abbandonato in fretta e furia e che impedivano i movimenti ai cavalli terrorizzati nel pieno della rotta, non poterono n? combattere n? fuggire. Marco Fabio poi, distrutta o quasi la cavalleria nemica, comp? una breve manovra di accerchiamento e prese alle spalle la fanteria. Le nuove grida che si udirono da quella parte seminarono il panico tra i Sanniti, e il dittatore, quando vide gli uomini delle prime file nemiche voltarsi indietro, le loro insegne confondersi e lo schieramento ondeggiare, allora incit? i soldati, e chiamando per nome tribuni e comandanti di compagnia li esortava a sferrare un nuovo attacco insieme con lui. Levato un nuovo urlo di guerra, si gettarono all'assalto, e col procedere della manovra vedevano i Sanniti sempre pi? in preda alla confusione. I primi erano gi? in vista dei cavalieri romani, e Cornelio, voltandosi indietro verso i manipoli di fanti, faceva capire come poteva, a gesti e a parole, che gi? scorgeva vessilli e scudi dei cavalieri. Non appena udirono e insieme videro la cosa, gli uomini dimenticarono di colpo le fatiche sostenute per quasi tutto il giorno e le ferite subite, e si lanciarono contro il nemico, come se arrivati freschi dall'accampamento avessero ricevuto in quel momento il segnale di battaglia. E i Sanniti non riuscirono a resistere pi? a lungo alla furia dei cavalieri e all'urto dei fanti: parte di essi presa in mezzo venne uccisa, parte invece fu dispersa e messa in fuga. I fanti circondarono e finirono quelli che resistevano. I cavalieri fecero strage dei fuggitivi, tra i quali cadde anche il comandante. Questa battaglia fiacc? il morale dei Sanniti: in tutte le riunioni mormoravano ormai che non c'era da stupirsi se non riuscivano a conseguire risultati in una guerra scellerata che era stata scatenata violando un trattato, e nella quale gli d?i erano, a ragione, pi? ostili degli uomini. La colpa del conflitto andava espiata e la purificazione sarebbe costata a caro prezzo. La sola incertezza era se si dovesse pagare con il sangue dei pochi colpevoli o con quello dei molti innocenti, mentre c'era gi? chi si spingeva a fare i nomi dei responsabili delle ostilit?. Se ne distingueva uno in particolare: erano tutti d'accordo nel denunciare Papio Brutulo, un potente nobile che aveva senza dubbio infranto la tregua pi? recente. Costretti a giudicare il suo caso, i pretori decisero che Papio Brutulo venisse consegnato ai Romani e che con lui fossero inviati a Roma l'intero bottino e i prigionieri, e che tutto ci? di cui i feziali avevano chiesto soddisfazione in base al trattato fosse restituito secondo la legge divina e umana. Dopo questa deliberazione, i feziali partirono per Roma portando con s? il corpo esanime di Brutulo, il quale si era sottratto con il suicidio alla pena e all'umiliazione. Insieme col corpo venne deciso di consegnarne anche i beni. Ma di tutte queste cose i Romani accettarono solo i prigionieri e gli oggetti che furono riconosciuti come propri; il resto fu respinto. Il dittatore ottenne il trionfo per decreto del senato.
 

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