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Ovidio


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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita IX, 4
 
originale
 
[4] Et in castris Romanis cum frustra multi conatus ad erumpendum capti essent et iam omnium rerum inopia esset, uicti necessitate legatos mittunt, qui primum pacem aequam peterent; si pacem non impetrarent, uti prouocarent ad pugnam. Tum Pontius debellatum esse respondit; et, quoniam ne uicti quidem ac capti fortunam fateri scirent, inermes cum singulis uestimentis sub iugum missurum; alias condiciones pacis aequas uictis ac uictoribus fore: si agro Samnitium decederetur, coloniae abducerentur, suis inde legibus Romanum ac Samnitem aequo foedere uicturum; his condicionibus paratum se esse foedus cum consulibus ferire; si quid eorum displiceat, legatos redire ad se uetuit. Haec cum legatio renuntiaretur, tantus gemitus omnium subito exortus est tantaque maestitia incessit ut non grauius accepturi uiderentur, si nuntiaretur omnibus eo loco mortem oppetendam esse. Cum diu silentium fuisset nec consules aut pro foedere tam turpi aut contra foedus tam necessarium hiscere possent, L. Lentulus, qui tum princeps legatorum uirtute atque honoribus erat, "patrem meum" inquit, "consules, saepe audiui memorantem se in Capitolio unum non fuisse auctorem senatui redimendae auro a Gallis ciuitatis, quando nec fossa ualloque ab ignauissimo ad opera ac muniendum hoste clausi essent et erumpere, si non sine magno periculo, tamen sine certa pernicie possent. Quod si, illis ut decurrere ex Capitolio armatis in hostem licuit, quo saepe modo obsessi in obsidentes eruperunt, ita nobis aequo aut iniquo loco dimicandi tantummodo cum hoste copia esset, non mihi paterni animi indoles in consilio dando deesset. Equidem mortem pro patria praeclaram esse fateor et me uel deuouere pro populo Romano legionibusque uel in medios me immittere hostes paratus sum; sed hic patriam uideo, hic quidquid Romanarum legionum est; quae nisi pro se ipsis ad mortem ruere uolunt, quid habent quod morte sua seruent? tecta urbis, dicat aliquis, et moenia et eam turbam a qua urbs incolitur. Immo hercule produntur ea omnia deleto hoc exercitu, non seruantur. Quis enim ea tuebitur? imbellis uidelicet atque inermis multitudo. Tam hercule quam a Gallorum impetu defendit. An a Veiis exercitum Camillumque ducem implorabunt? hic omnes spes opesque sunt, quas seruando patriam seruamus, dedendo ad necem patriam deserimus [ac prodimus]. At foeda atque ignominiosa deditio est. Sed ea caritas patriae est ut tam ignominia eam quam morte nostra, si opus sit, seruemus. Subeatur ergo ista, quantacumque est, indignitas et pareatur necessitati, quam ne di quidem superant. Ite, consules, redimite armis ciuitatem, quam auro maiores uestri redemerunt."
 
traduzione
 
4 Frattanto, nell'accampamento romano, falliti parecchi tentativi di fare breccia nell'accerchiamento, e mancando ormai ogni cosa, nella morsa degli eventi si decise di inviare ambasciatori a chiedere una pace a parit? di condizioni: se non l'avessero ottenuta, avrebbero sfidato il nemico in battaglia. Alla delegazione Ponzio replic? che la guerra era ormai stata decisa, e siccome neppure da sconfitti e da prigionieri erano in grado di ammettere la propria sorte, li avrebbe fatti passare sotto il giogo privi di armi e con una sola veste per ciascuno. Il resto delle condizioni sarebbero state eque per vincitori e vinti: se i Romani abbandonavano il territorio sannita e ritiravano le colonie fondate, allora Romani e Sanniti in futuro sarebbero vissuti attenendosi alle loro leggi in base a un patto di alleanza alla pari. Erano queste le condizioni alle quali egli era pronto a scendere a patti coi consoli. Se qualcuna di queste clausole non era di loro gradimento, allora vietava agli ambasciatori di ripresentarsi al suo cospetto. Quando venne riferito l'esito dell'ambasceria, il lamento levatosi immediatamente da tutto l'esercito fu cos? profondo e gli animi vennero invasi da un tale sconforto, che il dolore non sarebbe stato pi? grande se fosse giunta la notizia che tutti erano destinati a morire in quello stesso luogo. Restarono a lungo in silenzio, e i consoli non riuscivano ad aprire bocca n? per difendere un accordo cos? infamante, n? per respingere un patto tanto necessario, quando Lucio Lentulo, che tra gli ambasciatori inviati era allora il pi? autorevole per valore e per cariche ricoperte, disse: ?Ricordo, o consoli, di aver spesso sentito mio padre raccontare di essere stato il solo, nel senato sul Campidoglio, a sconsigliare di riscattare Roma dai Galli pagandola a peso d'oro, perch? i Romani non erano stati circondati n? con una trincea n? con un fossato da quel nemico quanto mai indolente e poco portato ai lavori di fortificazione, ed erano in grado di tentare una sortita, pur rischiando moltissimo, ma senza andare incontro a un disastro sicuro. E se, come quelli erano stati in grado di lanciarsi dal Campidoglio armati contro il nemico, nel modo spesso utilizzato dagli assediati per tentare una sortita contro gli assedianti, venisse anche a noi concessa l'opportunit? di combattere (in posizione favorevole o meno), certo non mi mancherebbe lo spirito di mio padre nel guidarvi. Morire per la patria, lo ammetto, ? cosa gloriosa, e sono pronto a offrire la mia vita per il popolo e per l'esercito romano o a gettarmi nel mezzo dei nemici. Ma ? qui che vedo la patria, qui tutto quel che resta delle legioni romane, le quali, a meno che vogliano correre incontro alla morte per difendere se stesse, che cosa possono salvare con il loro sacrificio? "Le case della citt?," dir? qualcuno, "le mura e la gente rimasta a Roma". Ma, per Ercole, ? proprio se questo esercito verr? annientato che tutto ci? andr? perduto e non salvato! Chi, infatti, potr? difenderlo? Forse la massa imbelle e senz'armi? ?Esattamente come le difese, per Ercole, dagli assalti dei Galli?. Ma potr? forse invocare l'arrivo da Veio di un esercito con Camillo alla testa? Le nostre speranze e le nostre risorse le abbiamo tutte qui: se le salviamo, salviamo la patria, se invece le consegniamo alla morte, abbandoniamo la patria al suo destino. "La resa ? per? cosa disonorevole e infamante". Ma proprio questo ? vero amor di patria: salvarla, qualora ve ne sia bisogno, a prezzo tanto del disonore quanto della morte. Vediamo quindi di subire questo marchio di infamia, per quanto indelebile esso possa essere, e pieghiamoci alla fatalit?, che neppure gli d?i possono superare. Andate, o consoli, e riscattate con le armi la citt? che i vostri antenati hanno riscattato con l'oro?.
 

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