[7] Cum haec dicerentur audirenturque et deploratum paene Romanum nomen in concilio sociorum fidelium esset, dicitur [Ofillius] A. Calauius Oui filius, clarus genere factisque, tum etiam aetate uerendus, longe aliter se habere rem dixisse: silentium illud obstinatum fixosque in terram oculos et surdas ad omnia solacia aures et pudorem intuendae lucis ingentem molem irarum ex alto animo cientis indicia esse; aut Romana se ignorare ingenia aut silentium illud Samnitibus flebiles breui clamores gemitusque excitaturum, Caudinaeque pacis aliquanto Samnitibus quam Romanis tristiorem memoriam fore; quippe suos quemque eorum animos habiturum, ubicumque congressuri sint; saltus Caudinos non ubique Samnitibus fore. Iam et Romae sua infamis clades erat. Obsessos primum audierunt; tristior deinde ignominiosae pacis magis quam periculi nuntius fuit. Ad famam obsidionis dilectus haberi coeptus erat; dimissus deinde auxiliorum apparatus, postquam deditionem tam foede factam acceperunt; extemploque sine ulla publica auctoritate consensum in omnem formam luctus est. Tabernae circa forum clausae iustitiumque in foro sua sponte coeptum prius quam indictum; lati claui, anuli aurei positi; paene maestior exercitu ipso ciuitas esse; nec ducibus solum atque auctoribus sponsoribusque pacis irasci sed innoxios etiam milites odisse et negare urbe tectisue accipiendos. Quam concitationem animorum fregit aduentus exercitus etiam iratis miserabilis. Non enim tamquam in patriam reuertentes ex insperato incolumes sed captorum habitu uoltuque ingressi sero in urbem ita se in suis quisque tectis abdiderunt, ut postero atque insequentibus diebus nemo eorum forum aut publicum aspicere uellet. Consules in priuato abditi nihil pro magistratu agere nisi quod expressum senatus consulto est ut dictatorem dicerent comitiorum causa. Q. Fabium Ambustum dixerunt et P. Aelium Paetum magistrum equitum; quibus uitio creatis suffecti M. Aemilius Papus dictator, L. Valerius Flaccus magister equitum. Nec per eos comitia habita; et quia taedebat populum omnium magistratuum eius anni, res ad interregnum rediit. Interreges Q. Fabius Maximus M. Valerius Coruus. Is consules creauit Q. Publilium Philonem et L. Papirium Cursorem iterum haud dubio consensu ciuitatis, quod nulli ea tempestate duces clariores essent.
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7 Mentre si dicevano e si sentivano queste cose, e nell'assemblea dei fedeli alleati la potenza romana veniva quasi pianta come se fosse stata annientata, pare che Aulo Calavio, figlio di Ovio, uomo famoso per nascita e per gesta compiute, e in quel periodo reso ancora pi? rispettabile dall'et?, avesse sostenuto che le cose stavano in tutt'altra maniera: quel silenzio ostinato, gli occhi fissi a terra, le orecchie sorde a ogni tipo di conforto e l'imbarazzo di dover guardare la luce erano i segnali di un animo che nell'intimo covava un'enorme rabbia. Se non conosceva male il carattere dei Romani, di l? a poco quel silenzio avrebbe suscitato tra i Sanniti grida piene di gemiti e dolore, e il ricordo della pace di Caudio sarrebbe stato molto pi? pesante per i Sanniti che per i Romani. Perch? dovunque si fossero scontrati nei giorni a venire, ognuno di essi avrebbe avuto la grinta di sempre, mentre per i Sanniti non ci sarebbero state dappertutto le Forche Caudine.
La notizia della grave disfatta era gi? arrivata anche a Roma. In un primo tempo si era venuti a sapere che erano stati circondati. Poi, ben pi? doloroso di quello relativo al pericolo corso, era arrivato l'annuncio della vergognosa pace. Alla notizia dell'accerchiamento, erano state avviate le pratiche della leva militare. Quando per? si venne a sapere che era stata stipulata una pace tanto infamante, venne interrotto l'allestimento di rinforzi. E s?bito, senza aspettare alcuna decisione ufficiale, il popolo tutto si era abbandonato a ogni forma di lutto. I negozi intorno al foro vennero chiusi, sospesi spontaneamente i pubblici affari prima ancora che arrivasse l'ordine relativo. Vennero deposte le toghe orlate di porpora e gli anelli d'oro. I cittadini erano quasi pi? addolorati dello stesso esercito; il loro risentimento non toccava soltanto i comandanti e i responsabili e garanti della pace, ma anche gli innocenti soldati: sostenevano che non li si dovesse accogliere in citt? n? all'interno delle case. Il rancore venne per? piegato dall'arrivo dell'esercito, che suscit? compassione anche negli animi pi? esacerbati. Entrati infatti in citt? a tarda sera, non come uomini che tornavano sani e salvi in patria contro ogni speranza, ma con l'aspetto e l'espressione di prigionieri, si rinchiusero nelle loro case e nessuno di essi volle vedere il foro o la pubblica via, n? l'indomani n? i giorni successivi. I consoli, nascosti nelle loro abitazioni, non compirono alcun gesto pertinente alla carica, tranne quanto prescritto da un decreto del senato, e cio? la nomina di un dittatore cui far presiedere le elezioni. La scelta cadde su Quinto Fabio Ambusto, mentre maestro di cavalleria venne eletto Publio Elio Peto. Ma essendosi verificata una qualche irregolarit? in questa nomina, i due vennero rimpiazzati dal dittatore Marco Emilio Papo e dal maestro di cavalleria Lucio Valerio Flacco. Neppure questi, tuttavia, riuscirono a presiedere le elezioni, e siccome il popolo si dimostrava insofferente nei confronti di tutti i magistrati di quell'anno, si ebbe un interregno. Interr? furono Quinto Fabio Massimo e Marco Valerio Corvo, il quale proclam? consoli Quinto Publilio Filone e Lucio Papirio Cursore per la seconda volta, che vennero eletti all'unanimit? dalla cittadinanza perch? erano i generali pi? in vista del periodo.
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