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Ovidio


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autore
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Livio
Ab urbe condita IX, 17
 
originale
 
[17] Nihil minus quaesitum a principio huius operis uideri potest quam ut plus iusto ab rerum ordine declinarem uarietatibusque distinguendo opere et legentibus uelut deuerticula amoena et requiem animo meo quaererem; tamen tanti regis ac ducis mentio, quibus saepe tacitus cogitationibus uolutaui animum, eas euocat in medium, ut quaerere libeat quinam euentus Romanis rebus, si cum Alexandro foret bellatum, futurus fuerit. Plurimum in bello pollere uidentur militum copia et uirtus, ingenia imperatorum, fortuna per omnia humana maxime in res bellicas potens; ea et singula intuenti et uniuersa sicut ab aliis regibus gentibusque, ita ab hoc quoque facile praestant inuictum Romanum imperium. Iam primum, ut ordiar ab ducibus comparandis, haud equidem abnuo egregium ducem fuisse Alexandrum; sed clariorem tamen eum facit quod unus fuit, quod adulescens in incremento rerum, nondum alteram fortunam expertus, decessit. Vt alios reges claros ducesque omittam, magna exempla casuum humanorum, Cyrum, quem maxime Graeci laudibus celebrant, quid nisi longa uita, sicut Magnum modo Pompeium, uertenti praebuit fortunae? recenseam duces Romanos, nec omnes omnium aetatium sed ipsos eos cum quibus consulibus aut dictatoribus Alexandro fuit bellandum, M. Valerium Coruum, C. Marcium Rutulum, C. Sulpicium, T. Manlium Torquatum, Q. Publilium Philonem, L. Papirium Cursorem, Q. Fabium Maximum, duos Decios, L. Volumnium, M". Curium? deinceps ingentes sequuntur uiri, si Punicum Romano praeuertisset bellum seniorque in Italiam traiecisset. Horum in quolibet cum indoles eadem quae in Alexandro erat animi ingeniique, tum disciplina militaris, iam inde ab initiis urbis tradita per manus, in artis perpetuis praeceptis ordinatae modum uenerat. Ita reges gesserant bella, ita deinde exactores regum Iunii Valeriique, ita deinceps Fabii, Quinctii, Cornelii, ita Furius Camillus, quem iuuenes ii quibus cum Alexandro dimicandum erat senem uiderant. Militaris opera pugnando obeunti Alexandro?nam ea quoque haud minus clarum eum faciunt?cessisset uidelicet in acie oblatus par Manlius Torquatus aut Valerius Coruus, insignes ante milites quam duces, cessissent Decii, deuotis corporibus in hostem ruentes, cessisset Papirius Cursor illo corporis robore, illo animi. Victus esset consiliis iuuenis unius, ne singulos nominem, senatus ille, quem qui ex regibus constare dixit unus ueram speciem Romani senatus cepit. Id uero erat periculum, ne sollertius quam quilibet unus ex his quos nominaui castris locum caperet, commeatus expediret, ab insidiis praecaueret, tempus pugnae deligeret, aciem instrueret, subsidiis firmaret. Non cum Dareo rem esse dixisset, quem mulierum ac spadonum agmen trahentem inter purpuram atque aurum oneratum fortunae apparatibus suae, praedam uerius quam hostem, nihil aliud quam bene ausus uana contemnere, incruentus deuicit. Longe alius Italiae quam Indiae, per quam temulento agmine comisabundus incessit, uisus illi habitus esset, saltus Apuliae ac montes Lucanos cernenti et uestigia recentia domesticae cladis, ubi auunculus eius nuper, Epiri rex Alexander, absumptus erat.
 
traduzione
 
17 Si potrebbe rilevare che sin dall'inizio di quest'opera non ho cercato di evitare niente con tanta attenzione quanto il discostarmi da una trattazione ordinata degli eventi, e il cercare motivi di piacevole svago per i lettori e un po' di riposo per la mia mente infarcendo questa ricerca storica con amene digressioni. Ci? non ostante, l'aver menzionato un re e un generale tanto grande, mi riporta a considerazioni che tante volte ho fatto tra me e me, e non mi spiace ora valutare quale sarebbe stata la sorte della potenza romana se si fosse scontrata con Alessandro. In guerra gli elementi che sembrano avere maggior peso sono il numero degli effettivi e il loro valore, il talento dei generali, e la sorte, il cui potere ? grandissimo nelle cose degli uomini, e soprattutto nelle guerre. Esaminando questi fattori - presi sia uno per uno sia nella loro globalit? -, emerge con evidente chiarezza che Roma, come non fu sottomessa da altri re e da altri popoli, allo stesso modo non lo sarebbe stata nemmeno da questo monarca. Innanzitutto, partendo da un confronto tra i due generali, non posso certo negare che Alessandro sia stato un grande condottiero. Ma la sua gloria ? ulteriormente accresciuta dal fatto di essere stato da solo al comando, e di essere morto giovane, nel momento culminante della sua potenza, senza aver ancora sperimentato i rovesci del destino. Tralasciando altri celebri sovrani e generali (illustri esempi dei casi umani), che cosa fece s? che fossero in balia della sorte Ciro, tanto celebrato dai Greci, e di recente Pompeo Magno se non la loro lunga vita? Dovrei elencare i generali romani (e non tutti quelli di ogni epoca), ma soltanto quelli, dittatori o consoli, contro i quali avrebbe potuto combattere Alessandro, e cio? Marco Valerio Corvo, Gaio Marcio Rutilo, Gaio Sulpicio, Tito Manlio Torquato, Quinto Publilio Filone, Lucio Papirio Cursore, Quinto Fabio Massimo, i due Deci, Lucio Volumnio, Manio Curio? A questi uomini ne seguirebbero altri famosi, se solo Alessandro avesse anteposto la guerra contro Cartagine a quella contro Roma, e fosse passato in Italia una volta raggiunta un'et? pi? avanzata. Ciascuno di questi uomini era naturalmente dotato di coraggio e di capacit? pari ad Alessandro, inoltre tutti avevano una competenza militare trasmessa di mano in mano fin dalle origini di Roma, e giunta a essere una scienza regolata da norme fisse. Cos? i re avevano combattuto le loro guerre, e cos? quelli che li avevano cacciati, i Giunii e i Valerii, cos? in s?guito i Fabii, i Quinzi e i Cornelii, cos? Furio Camillo, che era gi? avanti negli anni agli occhi di quegli uomini che, nel pieno della loro giovinezza, avrebbero avuto in sorte il c?mpito di affrontare Alessandro. Per quel che concerne le capacit? dimostrate da Alessandro nell'affrontare il combattimento (caratteristica questa che accresce ancor di pi? il suo prestigio), se mai avessero dovuto affrontarlo in duello, avrebbero di conseguenza avuto la peggio Manlio Torquato o Valerio Corvo, famosi prima ancora come guerrieri che come generali, avrebbero avuto la peggio i Deci che, avendo offerto in voto i propri corpi, si lanciarono nel fitto delle file nemiche, avrebbe avuto la peggio Papirio Cursore, forte nel fisico e nello spirito com'era? Per non fare i nomi a uno a uno, la saggezza di un solo giovane avrebbe piegato quel senato la cui essenza fu colta dall'uomo che lo defin? composto di re? Questa ? la sola cosa che si sarebbe dovuta temere: cio? che Alessandro fosse in grado di scegliere, con maggiore accortezza di uno qualsiasi dei personaggi sopramenzionati, il punto in cui piazzare il campo, come preparare i rifornimenti, come evitare gli agguati, come scegliere il momento opportuno per attaccare battaglia, come schierare le truppe e come consolidarne la struttura con gli uomini di riserva! Avrebbe detto di non aver pi? a che fare con Dario che, trascinandosi dietro un esercito fatto di donne e di enuchi, appesantito dall'oro e dalla porpora (segni tangibili della sua condizione), pi? vicino allo stato di preda che non a quello di nemico, era stato vinto senza spargimento di sangue, e senza che Alessandro avesse alcun altro merito se non il coraggio di trattare con disprezzo tutta quella vana ostentazione. L'Italia gli avrebbe fatto un'impressione del tutto diversa dall'India, attraverso la quale avanz? tra una crapula e l'altra con un esercito di avvinazzati, non appena avesse visto i passi dell'Apulia e le montagne della Lucania e le tracce della recente disfatta subita in famiglia, nel punto in cui poco tempo prima aveva trovato la morte lo zio materno, Alessandro re dell'Epiro.
 

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