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Ovidio


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Livio
Ab urbe condita IX, 19
 
originale
 
[19] Restat ut copiae copiis comparentur uel numero uel militum genere uel multitudine auxiliorum. Censebantur eius aetatis lustris ducena quinquagena milia capitum. Itaque in omni defectione sociorum Latini nominis urbano prope dilectu decem scribebantur legiones; quaterni quinique exercitus saepe per eos annos in Etruria, in Vmbria Gallis hostibus adiunctis, in Samnio, in Lucanis gerebat bellum. Latium deinde omne cum Sabinis et Volscis et Aequis et omni Campania et parte Vmbriae Etruriaeque et Picentibus et Marsis Paelignisque ac Vestinis atque Apulis, adiuncta omni ora Graecorum inferi maris a Thuriis Neapolim et Cumas et inde Antio atque Ostiis tenus Samnites aut socios ualidos Romanis aut fractos bello inuenisset hostes. Ipse traiecisset mare cum ueteranis Macedonibus non plus triginta milibus hominum et quattuor milibus equitum, maxime Thessalorum; hoc enim roboris erat. Persas Indos aliasque si adiunxisset gentes, impedimentum maius quam auxilium traheret. Adde quod Romanis ad manum domi supplementum esset, Alexandro, quod postea Hannibali accidit, alieno in agro bellanti exercitus consenuisset. Arma clupeus sarisaeque illis; Romano scutum, maius corpori tegumentum, et pilum, haud paulo quam hasta uehementius ictu missuque telum. Statarius uterque miles, ordines seruans; sed illa phalanx immobilis et unius generis, Romana acies distinctior, ex pluribus partibus constans, facilis partienti, quacumque opus esset, facilis iungenti. Iam in opere quis par Romano miles? quis ad tolerandum laborem melior? uno proelio uictus Alexander bello uictus esset: Romanum, quem Caudium, quem Cannae non fregerunt, quae fregisset acies? ne ille saepe, etiamsi prima prospere euenissent, Persas et Indos et imbellem Asiam quaesisset et cum feminis sibi bellum fuisse dixisset, quod Epiri regem Alexandrum mortifero uolnere ictum dixisse ferunt, sortem bellorum in Asia gestorum ab hoc ipso iuuene cum sua conferentem. Equidem cum per annos quattuor et uiginti primo Punico bello classibus certatum cum Poenis recordor, uix aetatem Alexandri suffecturam fuisse reor ad unum bellum. Et forsitan, cum et foederibus uetustis iuncta res Punica Romanae esset et timor par aduersus communem hostem duas potentissimas armis uirisque urbes armaret, [et] simul Punico Romanoque obrutus bello esset. Non quidem Alexandro duce nec integris Macedonum rebus sed experti tamen sunt Romani Macedonem hostem aduersus Antiochum Philippum Persen non modo cum clade ulla sed ne cum periculo quidem suo. Absit inuidia uerbo et ciuilia bella sileant: nunquam ab equite hoste, nunquam a pedite, nunquam aperta acie, nunquam aequis, utique nunquam nostris locis laborauimus: equitem, sagittas, saltus impeditos, auia commeatibus loca grauis armis miles timere potest. Mille acies grauiores quam Macedonum atque Alexandri auertit auertetque, modo sit perpetuus huius qua uiuimus pacis amor et ciuilis cura concordiae.?
 
traduzione
 
19 Restano da confrontare le forze messe in campo dalle due parti: il numero e la qualit? degli uomini, l'entit? dei contingenti ausiliari. Nei censimenti di quell'epoca i cittadini romani ammontavano a 250.000 unit?: di conseguenza, anche nell'eventualit? che tutti gli alleati latini si fossero dissociati in massa, la sola leva dei cittadini romani avrebbe permesso l'arruolamento di dieci legioni. In quegli anni spesso accadeva che partissero per il fronte quattro o cinque eserciti per volta, in Etruria, in Umbria (dove ai nemici si erano aggiunti i Galli), nel Sannio e in Lucania. In s?guito, in tutto il Lazio, con i Sabini, i Volsci, gli Equi, nell'intera Campania, in parte dell'Umbria e dell'Etruria, tra i Piceni, i Marsi, i Peligni, i Vestini e gli Apuli, e lungo tutta la costa tirrenica abitata da Greci, da Turi fino a Napoli e Cuma e di l? fino ad Anzio e Ostia, Alessandro avrebbe trovato validi alleati oppure nemici gi? sconfitti in guerra. Quanto a lui, avrebbe attraversato il mare coi veterani macedoni (non pi? di 30.000 uomini) e con 4.000 cavalieri, provenienti per buona parte dalla Tessaglia. Era infatti questo il meglio delle sue truppe. Se invece avesse portato con s? anche i Persiani, gli abitanti dell'India e altre popolazioni, si sarebbe trascinato dietro un fastidio pi? che un valido supporto. Si aggiunga poi a tutto ci? il fatto che i Romani avevano a portata di mano dei riservisti da richiamare in servizio, mentre Alessandro, combattendo in territorio nemico, avrebbe subito la stessa sorte toccata in s?guito ad Annibale, cio? il progressivo indebolimento dell'esercito col passare del tempo. Passiamo, ora, alle armi: i Macedoni avevano il clipeo e la sarissa (ovvero l'asta); i Romani lo scudo rettangolare, che proteggeva meglio la figura, e il giavellotto, ovvero un'arma da lancio capace di colpire con pi? precisione dell'asta. Erano entrambi, Macedone e Romano, soldati di posizione, abituati a mantenere il proprio posto nello schieramento, ma la falange macedone era poco mobile e compatta, mentre la legione romana risultava pi? articolata, composta di varie parti e non aveva difficolt? a doversi eventualmente dividere o ricomporre a seconda del bisogno. E poi, chi era il soldato che potesse stare alla pari col Romano nel campo dei lavori di fortificazione? Chi era pi? adatto a sopportare le fatiche? Se Alessandro fosse stato sconfitto in un'unica battaglia, avrebbe perso la guerra: quale armata avrebbe potuto piegare i Romani, che non erano stati annientati dagli eventi di Caudio o di Canne? Se avesse riportato delle vittorie anche solo all'inizio, avrebbe rimpianto le spedizioni contro i Persiani, gli Indiani e l'imbelle Asia, e avrebbe affermato di aver combattuto fino a quel momento contro delle femminucce (come pare abbia detto Alessandro re dell'Epiro, ferito a morte, paragonando i successi nelle guerre combattute dal giovane re con le sue). A dir la verit?, quando penso che nel corso della prima guerra punica i Romani combatterono ventiquattro anni di battaglie navali contro i Cartaginesi, mi sembra che la vita di Alessandro sarebbe bastata a stento per portare a termine quella sola guerra. E siccome Cartagine era unita a Roma da un antico trattato di alleanza, ? probabile che il timore avrebbe portato a prendere insieme le armi contro il comune nemico le due citt? pi? potenti per armamenti e per uomini, e Alessandro sarebbe stato schiacciato dalle forze congiunte dei Cartaginesi e dei Romani. Anche se i Macedoni non erano pi? sotto la guida di Alessandro e se la loro forza non era pi? integra, i Romani ebbero ci? non ostante l'opportunit? di sperimentare le armi macedoni nei conflitti contro Antioco, Filippo e Perseo, non solo senza mai subire sconfitte, ma senza mai correre alcun pericolo. Possano le mie parole non essere fraintese e tacciano le guerre civili: noi Romani non siamo mai stati messi in difficolt? da nemici a cavallo o a piedi, in campo aperto, a parit? di posizioni, e tanto meno in zone a noi favorevoli. La nostra fanteria pesante pu? temere la cavalleria, le frecce, gli avvallamenti del terreno, i punti dove i rifornimenti risultino difficili, ma ? perfettamente in grado di respingere - e sempre lo sar? - migliaia di eserciti pi? imponenti di quello dei Macedoni e di Alessandro, a patto per? che duri per sempre l'amore per questa pace nella quale adesso viviamo e la preoccupazione per l'armonia nei rapporti tra i cittadini.
 

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