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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita X, 9
 
originale
 
[9] Vocare tribus extemplo populus iubebat apparebatque accipi legem; ille tamen dies intercessione est sublatus. Postero die deterritis tribunis ingenti consensu accepta est. Pontifices creantur suasor legis P. Decius Mus P. Sempronius Sophus C. Marcius Rutulus M. Liuius Denter; quinque augures item de plebe, C. Genucius P. Aelius Paetus M. Minucius Faesus C. Marcius T. Publilius. Ita octo pontificum, nouem augurum numerus factus. Eodem anno M. Valerius consul de prouocatione legem tulit diligentius sanctam. Tertio ea tum post reges exactos lata est, semper a familia eadem. Causam renouandae saepius haud aliam fuisse reor quam quod plus paucorum opes quam libertas plebis poterat. Porcia tamen lex sola pro tergo ciuium lata uidetur, quod graui poena, si quis uerberasset necassetue ciuem Romanum, sanxit; Valeria lex cum eum qui prouocasset uirgis caedi securique necari uetuisset, si quis aduersus ea fecisset, nihil ultra quam "improbe factum" adiecit. Id, qui tum pudor hominum erat, uisum, credo, uinclum satis ualidum legis: nunc uix serio ita minetur quisquam. Bellum ab eodem consule haudquaquam memorabile aduersus rebellantes Aequos, cum praeter animos feroces nihil ex antiqua fortuna haberent, gestum est. Alter consul Appuleius in Vmbria Nequinum oppidum circumsedit. Locus erat arduus atque in parte una praeceps, ubi nunc Narnia sita est, nec ui nec munimento capi poterat. Itaque eam infectam rem M. Fuluius Paetus T. Manlius Torquatus noui consules acceperunt. In eum annum cum Q. Fabium consulem non petentem omnes dicerent centuriae, ipsum auctorem fuisse Macer Licinius ac Tubero tradunt differendi sibi consulatus in bellicosiorem annum: eo anno maiori se usui rei publicae fore urbano gesto magistratu; ita nec dissimulantem quid mallet nec petentem tamen, aedilem curulem cum L. Papirio Cursore factum. Id ne pro certo ponerem uetustior annalium auctor Piso effecit, qui eo anno aediles curules fuisse tradit Cn. Domitium Cn. Filium Caluinum et Sp. Caruilium Q. Filium Maximum. Id credo cognomen errorem in aedilibus fecisse secutamque fabulam mixtam ex aediliciis et consularibus comitiis, conuenientem errori. Et lustrum eo anno conditum a P. Sempronio Sopho et P. Sulpicio Sauerrione censoribus tribusque additae duae, Aniensis ac Terentina. Haec Romae gesta.
 
traduzione
 
9 Il popolo voleva che venissero immediatamente chiamate a votare le trib?, e sembrava che la legge fosse sul punto di essere approvata. Ma quel giorno la decisione venne rimandata perch? alcuni tribuni opposero il proprio veto. Il giorno successivo, per?, i tribuni cambiarono parere, la legge venne approvata a grande maggioranza. Furono eletti pontefici Publio Decio Mure, l'uomo cio? che aveva presentato la legge, Publio Sempronio Sofo, Gaio Marcio Rutilio, e Marco Livio Dentre. I cinque ?uguri ugualmente plebei furono Gaio Genucio, Publio Elio Peto, Marco Minucio Feso, Gaio Marcio e Tito Publilio. Venne cos? raggiunto il numero di otto pontefici e nove ?uguri. Nello stesso anno Marco Valerio present? una legge relativa al diritto di appello al popolo, che ne sanciva i termini in maniera pi? rigorosa. Fu questa la terza legge presentata sul medesimo argomento dal tempo della cacciata dei re, e sempre su iniziativa della stessa famiglia. Io penso che essa fosse stata riproposta in pi? occasioni soltanto per il fatto che lo strapotere economico di pochi valeva pi? della libert? della plebe. Tuttavia sembra che soltanto la legge Porcia, stabilendo una pena cospicua per chi avesse frustato o ucciso un cittadino romano, sia stata presentata al fine di proteggere l'incolumit? dei cittadini. La legge Valeria, invece, pur vietando di frustare e decapitare un cittadino che avesse fatto appello al popolo, non stabiliva alcuna pena per chi l'avesse violata, salvo il fatto di giudicare tale violazione un'azione ?mal fatta?. Ma secondo me, in quel tempo la moralit? della gente era cos? solida da far sembrare quel monito un incentivo sufficiente al rispetto della legge. Oggi nessuno rivolgerebbe un simile monito parlando seriamente. Lo stesso console guid? una spedizione di modesta importanza contro gli Equi che si erano ribellati, anche se della loro fortuna di un tempo non avevano conservato nient'altro che la fierezza interiore. L'altro console, Apuleio, era impegnato nell'assedio della citt? di Nequino in Umbria: questa citt?, corrispondente all'attuale Narnia, si trovava in una posizione sopraelevata e ripida da uno dei versanti, e non era quindi possibile prenderla con la forza n? col ricorso a dispositivi d'assedio. Perci? i nuovi consoli in carica, Marco Fulvio Peto e Tito Manlio Torquato ricevettero in eredit? l'impresa ancora incompiuta. Licinio Macro e Tuberone riferiscono questa notizia: siccome tutte le centurie stavano per eleggere console per quell'anno Quinto Fabio pur non avendo quest'ultimo presentato la propria candidatura, fu lui stesso a differire il suo consolato a un anno caratterizzato da un numero superiore di guerre. Per quell'anno sarebbe stato invece pi? utile al paese nell'esercizio di una magistratura di carattere urbano. Cos?, pur non essendosi presentato candidato, ma non avendo nascosto le proprie preferenze, sarebbe stato nominato edile curule insieme con Lucio Papirio Cursore. Chi mi porta a mettere in dubbio questa notizia ? Pisone, autore pi? antico, il quale riferisce che gli edili curuli di quell'anno furono Gneo Domizio Calvino figlio di Gneo e Spurio Carvilio Massimo figlio di Massimo. Ho l'impressione che a far nascere l'errore sia stato il soprannome di quest'ultimo personaggio, e che di l? derivi la storia, in piena sintonia con l'errore che mescola le elezioni degli edili a quelle dei consoli. Nel corso di quell'anno fu anche tenuto il censimento dai censori Publio Sempronio Sofo e Publio Sulpicio Savarrone, e vennero aggiunte due nuove trib?, la Aniense e la Teretina. Questo quanto avvenne a Roma.
 

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