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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita X, 11
 
originale
 
[11] T. Manlio consuli prouincia Etruria sorte euenit; qui uixdum ingressus hostium fines, cum exerceretur inter equites, ab rapido cursu circumagendo equo effusus extemplo prope exspirauit; tertius ab eo casu dies finis uitae consuli fuit. Quo uelut omine belli accepto deos pro se commisisse bellum memorantes Etrusci sustulere animos. Romae cum desiderio uiri tum incommoditate temporis tristis nuntius fuit. Consulis subrogandi comitia ex sententia principum habita: M. Valerium consulem omnes [sententiae] centuriae[que] dixere, ut patres ab iubendo dictatore deterruerint, quem senatus dictatorem dici iussurus fuerat. Tum extemplo in Etruriam ad legiones proficisci iussit. Aduentus eius compressit Etruscos adeo ut nemo extra munimenta egredi auderet timorque ipsorum obsidioni similis esset; neque illos nouus consul uastandis agris urendisque tectis, cum passim non uillae solum sed frequentes quoque uici incendiis fumarent, elicere ad certamen potuit. Cum hoc segnius bellum opinione esset, alterius belli, quod multis in uicem cladibus haud immerito terribile erat, fama, Picentium nouorum sociorum indicio, exorta est: Samnites arma et rebellionem spectare seque ab iis sollicitatos esse. Picentibus gratiae actae et magna pars curae patribus ab Etruria in Samnites uersa est. Caritas etiam annonae sollicitam ciuitatem habuit uentumque ad inopiae ultimum foret, ut scripsere quibus aedilem fuisse eo anno Fabium Maximum placet, ni eius uiri cura, qualis in bellicis rebus multis tempestatibus fuerat, talis domi tum in annonae dispensatione praeparando ac conuehendo frumento fuisset. Eo anno?nec traditur causa?interregnum initum. Interreges fuere Ap. Claudius, dein P. Sulpicius. Is comitia consularia habuit; creauit L. Cornelium Scipionem Cn. Fuluium consules. Principio huius anni oratores Lucanorum ad nouos consules uenerunt questum, quia condicionibus perlicere se nequiuerint ad societatem armorum, Samnites infesto exercitu ingressos fines suos uastare belloque ad bellum cogere. Lucano populo satis superque erratum quondam: nunc ita obstinatos animos esse ut omnia ferre ac pati tolerabilius ducant quam ut unquam postea nomen Romanum uiolent. Orare patres ut et Lucanos in fidem accipiant et uim atque iniuriam ab se Samnitium arceant; se, quamquam bello cum Samnitibus suscepto necessaria iam facta aduersus Romanos fides sit, tamen obsides dare paratos esse.
 
traduzione
 
11 La campagna in Etruria tocc? in sorte al console Tito Manlio. Egli, appena entrato in territorio nemico, mentre era impegnato in un'esercitazione insieme ai cavalieri, venne sbalzato di sella nell'atto di far invertire la marcia al cavallo, e per poco non mor? sul colpo. Spir? due giorni dopo. Interpretando la cosa come un augurio positivo sugli esiti del conflitto, gli Etruschi imbaldanzirono, sia per la scomparsa di un uomo di quella levatura, sia per le difficolt? contingenti che ne derivavano ai Romani. Il senato si astenne dal nominare un dittatore soltanto perch? dalle elezioni consolari usc? il nome caldeggiato dai capi della citt?: infatti tutti i voti e tutte le centurie designarono in qualit? di console Marco Valerio, che il senato si proponeva di nominare dittatore. Egli ricevette s?bito la disposizione di partire per l'Etruria, per assumervi il comando dell'esercito. Il suo arrivo fren? gli Etruschi, al punto che nessun uomo osava pi? uscire fuori dai dispositivi di difesa, e la paura li aveva resi simili a tanti assediati. Il nuovo console non riusc? a trascinarli in battaglia nemmeno mettendo a ferro e fuoco le campagne e incendiando le case, anche se da ogni parte si alzava il fumo degli incendi, non solo dalle fattorie, ma anche da popolosi villaggi. Mentre la guerra si trascinava pi? lentamente del previsto, i Piceni, i nuovi alleati, vennero a informare il senato di un'altra guerra, che non a torto incuteva timore, per i numerosi rovesci che entrambe le parti avevano subito. I Sanniti stavano compiendo preparativi per riprendere le ostilit?, e avevano cercato di sobillare gli stessi Piceni. Il senato, ringraziati gli alleati, si concentr? quasi integralmente sul Sannio, distogliendo l'attenzione dall'Etruria. Nel corso dell'anno la citt? venne afflitta anche da una carestia, e si sarebbe arrivati al massimo di disagio, se - come sostengono gli autori secondo cui Fabio Massimo sarebbe stato edile della plebe in quell'anno - nel distribuire i viveri e nel procacciare grano quest'uomo non avesse dimostrato lo stesso attaccamento alla causa che in molti frangenti aveva dimostrato in guerra. Quell'anno si ebbe un interregno, di cui per? non ? stata tramandata la causa. Gli interr? furono Appio Claudio e quindi Publio Sulpicio. Questi presiedette le elezioni consolari, proclamando eletti Lucio Cornelio Scipione e Gneo Fulvio. All'inizio dell'anno i due nuovi consoli ricevettero una delegazione di Lucani venuti a lamentarsi del fatto che i Sanniti, non essendo riusciti a convincerli per via diplomatica a stipulare un trattato di alleanza, erano entrati nel loro territorio con un esercito in assetto da guerra, e lo stavano mettendo a ferro e fuoco nella speranza appunto di indurli alla guerra. In passato il popolo lucano aveva gi? commesso troppi errori: ora erano assolutamente convinti che fosse preferibile sopportare qualsiasi difficolt? piuttosto che irritare di nuovo i Romani. Pregavano il senato sia di prendere i Lucani sotto la protezione di Roma, sia di liberarli dalla violenza e dalla prepotenza dei Sanniti. Da parte loro, pur avendo gi? fornito una prova di sicura lealt? scendendo in campo contro i Sanniti, erano comunque disposti a consegnare degli ostaggi.
 

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