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Ovidio


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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita X, 23
 
originale
 
[23] Eo anno prodigia multa fuerunt, quorum auerruncandorum causa supplicationes in biduum senatus decreuit; publice uinum ac tus praebitum; supplicatum iere frequentes uiri feminaeque. Insignem supplicationem fecit certamen in sacello Pudicitiae Patriciae, quae in foro bouario est ad aedem rotundam Herculis, inter matronas ortum. Verginiam Auli filiam, patriciam plebeio nuptam, L. Volumnio consuli, matronae quod e patribus enupsisset sacris arcuerant. Breuis altercatio inde ex iracundia muliebri in contentionem animorum exarsit, cum se Verginia et patriciam et pudicam in Patriciae Pudicitiae templum ingressam, ut uni nuptam ad quem uirgo deducta sit, nec se uiri honorumue eius ac rerum gestarum paenitere uero gloriaretur. Facto deinde egregio magnifica uerba adauxit. In uico Longo ubi habitabat, ex parte aedium quod satis esset loci modico sacello exclusit aramque ibi posuit et conuocatis plebeiis matronis conquesta iniuriam patriciarum, "hanc ego aram" inquit "Pudicitiae Plebeiae dedico; uosque hortor ut, quod certamen uirtutis uiros in hac ciuitate tenet, hoc pudicitiae inter matronas sit detisque operam ut haec ara quam illa, si quid potest, sanctius et a castioribus coli dicatur." eodem ferme ritu et haec ara quo illa antiquior culta est, ut nulla nisi spectatae pudicitiae matrona et quae uni uiro nupta fuisset ius sacrificandi haberet; uolgata dein religio a pollutis, nec matronis solum sed omnis ordinis feminis, postremo in obliuionem uenit. Eodem anno Cn. Et Q. Ogulnii aediles curules aliquot feneratoribus diem dixerunt; quorum bonis multatis ex eo quod in publicum redactum est aenea in Capitolio limina et trium mensarum argentea uasa in cella Iouis Iouemque in culmine cum quadrigis et ad ficum Ruminalem simulacra infantium conditorum urbis sub uberibus lupae posuerunt semitamque saxo quadrato a Capena porta ad Martis strauerunt. Et ab aedilibus plebeiis L. Aelio Paeto et C. Fuluio Curuo ex multaticia item pecunia, quam exegerunt pecuariis damnatis, ludi facti pateraeque aureae ad Cereris positae.
 
traduzione
 
23 Nel corso dell'anno si verificarono molti prodigi. Per evitarne le possibili conseguenze, il senato decret? due giorni di suppliche: vennero offerti a spese dell'erario vino e incenso, mentre uomini e donne andarono in massa a supplicare gli d?i. Quella supplica rimase nelle cronache per una lite scoppiata tra le matrone all'interno del santuario della Pudicizia patrizia, situato nel foro Boario in prossimit? del tempio rotondo di Ercole. Le matrone avevano escluso dalla partecipazione ai riti sacri Virginia, figlia di Aulo, una patrizia moglie di un plebeo, il console Lucio Volumnio, perch?, celebrato il matrimonio, non faceva pi? parte del patriziato. Ne nacque un breve screzio che, per colpa dell'irascibilit? tipica delle donne, si trasform? in una violenta lite: Virginia a buon diritto si vantava di essere entrata da patrizia e casta nel santuario della Pudicizia patrizia, in quanto sposata a un solo uomo in casa del quale era stata condotta ancor vergine, e di non aver alcun motivo di vergognarsi del marito, n? della sua carriera e n? dei suoi successi in campo militare. A queste parole piene di orgoglio fece seguire un gesto bizzarro: nel suo palazzo di via Lunga - dove abitava -, fece ricavare uno spazio sufficiente alla costruzione di un tempietto, vi colloc? un altare e, convocate le matrone plebee, lamentandosi dell'affronto subito dalle matrone patrizie, disse: ?Consacro quest'altare alla Pudicizia plebea e vi esorto affinch? alla competizione di valori che in questa citt? tiene impegnati gli uomini corrisponda, tra le donne, un confronto in materia di pudicizia, e vi invito a impegnarvi a fondo perch? questo altare venga onorato in maniera pi? conforme alla religione e da donne pi? caste, se ? mai possibile, di quello patrizio?. L'altare venne in s?guito venerato pi? o meno con lo stesso rituale di quello pi? antico, e non aveva diritto di compiervi sacrifici nessuna matrona che non fosse di specchiata castit? e avesse contratto pi? di un matrimonio. Col tempo il culto fu allargato anche alle donne che avevano perduto la castit?, e non soltanto alle matrone, ma anche alle donne di ogni classe, fino a quando non cadde in disuso. Lo stesso anno gli edili curuli Gneo e Quinto Ogulnio citarono in giudizio alcuni usurai, condannati poi alla confisca di parte del patrimonio. Col denaro che le casse dello Stato ricavarono vennero costruite le porte di bronzo del tempio di Giove Capitolino, le suppellettili d'argento di tre mense nella cella di Giove, il rilievo di Giove con le quadrighe sul frontone del tempio, nonch? la statua dei gemelli fondatori di Roma sotto le mammelle della lupa, collocata nei pressi del fico Ruminale. Venne inoltre lastricato con massi quadrati il marciapiede tra la porta Capena e il tempio di Marte. Anche gli edili plebei Lucio Elio Peto e Gaio Fulvio Curvo, utilizzando fondi costituiti con ammende comminate a persone che avevano appaltato terreni sotto vincolo, fecero allestire dei giochi e porre piatti d'oro nel tempio di Cerere.
 

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