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Ovidio


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brano
 
Livio
Ab urbe condita X, 37
 
originale
 
[37] Consul alter Postumius, quia in Samnitibus materia belli deerat, Etruriam transducto exercitu, primum peruastauerat Volsiniensem agrum; dein cum egressis ad tuendos fines haud procul moenibus ipsorum depugnat; duo milia octingenti Etruscorum caesi; ceteros propinquitas urbis tutata est. In Rusellanum agrum exercitus traductus; ibi non agri tantum uastati sed oppidum etiam expugnatum; capta amplius duo milia hominum, minus duo milia circa muros caesa. Pax tamen clarior maiorque quam bellum in Etruria eo anno fuerat parta est. Tres ualidissimae urbes, Etruriae capita, Volsinii, Perusia, Arretium, pacem petiere; et uestimentis militum frumentoque pacti cum consule, ut mitti Romam oratores liceret, indutias in quadraginta annos impetrauerunt. Multa praesens quingentum milium aeris in singulas ciuitates imposita. Ob hasce res gestas consul cum triumphum ab senatu moris magis causa quam spe impetrandi petisset uideretque alios quod tardius ab urbe exisset, alios quod iniussu senatus ex Samnio in Etruriam transisset, partim suos inimicos, partim collegae amicos ad solacium aequatae repulsae sibi quoque negare triumphum, "non ita" inquit, "patres conscripti, uestrae maiestatis meminero ut me consulem esse obliuiscar. Eodem iure imperii quo bella gessi, bellis feliciter gestis, Samnio atque Etruria subactis, uictoria et pace parta triumphabo." ita senatum reliquit. Inde inter tribunos plebis contentio orta; pars intercessuros ne nouo exemplo triumpharet aiebat, pars auxilio se aduersus collegas triumphanti futuros. Iactata res ad populum est uocatusque eo consul cum M. Horatium L. Valerium consules, C. Marcium Rutulum nuper, patrem eius qui tunc censor esset, non ex auctoritate senatus sed iussu populi triumphasse diceret, adiciebat se quoque laturum fuisse ad populum, ni sciret mancipia nobilium, tribunos plebis, legem impedituros; uoluntatem sibi ac fauorem consentientis populi pro omnibus iussis esse ac futura; posteroque die auxilio tribunorum plebis trium aduersus intercessionem septem tribunorum et consensum senatus celebrante populo diem triumphauit. Et huius anni parum constans memoria est. Postumium auctor est Claudius in Samnio captis aliquot urbibus in Apulia fusum fugatumque saucium ipsum cum paucis Luceriam compulsum: ab Atilio in Etruria res gestas eumque triumphasse. Fabius ambo consules in Samnio et ad Luceriam res gessisse scribit traductumque in Etruriam exercitum ?sed ab utro consule non adiecit?et ad Luceriam utrimque multos occisos inque ea pugna Iouis Statoris aedem uotam, ut Romulus ante uouerat; sed fanum tantum, id est locus templo effatus, fuerat; ceterum hoc demum anno ut aedem etiam fieri senatus iuberet bis eiusdem uoti damnata re publica in religionem uenit.
 
traduzione
 
37 Postumio, l'altro console, visto che nel Sannio non aveva pi? materia di guerra, guid? il suo esercito in Etruria, e in un primo tempo mise a ferro e fuoco il territorio dei Volsinii. Poi, a breve distanza dalle mura, si scontr? coi nemici usciti in campo aperto per difendere le proprie terre. Vennero uccisi 2.800 Etruschi; gli altri scamparono grazie alle citt? che si trovavano nei dintorni. L'esercito venne poi portato nel territorio di Ruselle, e l? non ci si limit? a saccheggiare le campagne, ma venne anche espugnata la citt?. Pi? di 2.000 uomini vennero fatti prigionieri, mentre di poco inferiori per numero furono quelli uccisi lungo le mura. Ci? non ostante la pace ottenuta in Etruria fu maggiore motivo di gloria e pi? determinante rispetto alla guerra portata quell'anno: tre citt? potentissime, tra le pi? in vista dell'Etruria - ossia Volsinii, Perugia e Arezzo -, chiesero la pace, e dopo essersi accordate col console nel garantire vestiti e viveri all'esercito purch? fosse loro concesso di inviare ambasciatori a Roma, ottenero una tregua quarantennale. A ciascuna venne comminata un'ammenda di 500.000 assi, da pagare in contanti. Poich? il console, pi? per abitudine che per speranza di ottenerlo, aveva chiesto al senato il trionfo per questi successi, vedendo che alcuni erano propensi a non concederglielo perch? aveva impiegato troppo tempo a uscire dalla citt?, mentre altri si opponevano perch? si era trasferito dal Sannio in Etruria senza la relativa autorizzazione del senato - e si trattava o di suoi nemici o di amici del collega decisi a consolarlo con un identico rifiuto -, disse: ?Io non sar?, o senatori, tanto rispettoso della vostra autorit?, da scordarmi della mia carica di console. In virt? della stessa autorit? con la quale ho condotto le guerre, portandole a termine con esito positivo, dopo aver sottomesso il Sannio e l'Etruria, e aver ottenuto la vittoria e la pace, celebrer? il trionfo?. E dopo aver pronunciato queste parole, abbandon? il senato. Ne nacque una controversia tra i tribuni della plebe: alcuni sostenevano che avrebbero posto il veto, per evitare che quel suo trionfo venisse a costituire un pericoloso precedente, mentre altri dichiararono che avrebbero fatto ricorso al diritto di intercessione in favore del trionfatore contro i loro colleghi. La questione venne sottoposta al giudizio del popolo e fu chiamato il console: questi, dopo aver ricordato che i consoli Marco Orazio e Lucio Valerio, e poco tempo prima Gaio Marcio Rutulo, padre del censore in carica, avevano trionfato per volere del popolo e non per decreto del senato, dichiar? che anche lui avrebbe presentato la cosa al giudizio del popolo, se solo non avesse saputo che certi tribuni della plebe al servizio degli ottimati si sarebbero opposti alla proposta. Per lui, in quel preciso momento e per i giorni a venire, la volont? e il favore del consenso popolare avrebbero contato pi? di qualunque decreto. Il giorno successivo, con il sostegno di tre tribuni della plebe contro il veto di sette e la volont? del senato, il console celebr? il proprio trionfo con un grande concorso di popolo. Anche sulle vicende di quell'anno la tradizione storica non ? concorde. Claudio sostiene che Postumio, conquistate alcune citt? del Sannio, venne poi sconfitto e sbaragliato in Apulia, e costretto a rifugiarsi ferito e con pochi uomini a Luceria. A condurre la campagna in Etruria sarebbe stato Atilio che avrebbe riportato il trionfo. Fabio scrive invece che entrambi i consoli combatterono nel Sannio e presso Luceria, e che l'esercito venne poi portato in Etruria, senza per? specificare da quale dei due consoli; che presso Luceria le perdite furono gravi da entrambe le parti, e che il tempio a Giove Statore venne promesso in voto durante quella battaglia. Il tempio l'aveva promesso gi? Romolo in passato, ma fino a quel momento era stato consacrato solo lo spazio sui cui doveva sorgere il sacrario: quell'anno finalmente il senato, gi? vincolato per la seconda volta dallo stesso voto e preso come fu da uno scrupolo di natura religiosa, decret? che il tempio venisse effettivamente edificato.
 

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