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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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I doveri, I, 26
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originale
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[26] Maxime autem adducuntur plerique, ut eos iustitiae capiat oblivio, cum in imperiorum, honorum, gloriae cupiditatem inciderunt. Quod enim est apud Ennium:
"Nulla sancta societas
Nec fides regni est",
id latius patet. Nam quidquid eiusmodi est, in quo non possint plures excellere, in eo fit plerumque tanta contentio, ut difficillimum sit servare sanctam societatem. Declaravit id modo temeritas C. Caesaris, qui omnia iura divina et humana pervertit propter eum, quem sibi ipse opinionis errore finxerat principatum. Est autem in hoc genere molestum, quod in maximis animis splendidissimisque ingeniis plerumque existunt honoris, imperii, potentiae, gloriae cupiditates. Quo magis cavendum est, ne quid in eo genere peccetur.
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traduzione
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26. Ma i pi? perdono ogni senso e ogni ricordo della giustizia, quando cadono in preda al desiderio del comando, degli onori e della gloria. Certo, quella sentenza di Ennio:
" La brama del regno non conosce n? santit? di affetti n? integrit? di fede"
ha un suo ben pi? vasto campo di applicazione. In verit?, ogni stato e ogni grado che non ammetta supremazia di varie persone, diventa generalmente il campo di contese cos? aspre che ? assai difficile rispettare "la santit? degli affetti". Chiara dimostrazione ne ha dato di recente la temeraria azione di Gaio Cesare che ha sovvertito tutte le leggi divine e umane per quel folle ideale di supremazia che egli s'era creato nella mente. E a questo riguardo ? assai penoso vedere che sono gli animi pi? grandi e gl'ingegni pi? splendidi quelli in cui per lo pi? si accendono i desideri d'onori, di comando, di potenza e di gloria. Tanto maggiore cautela bisogna dunque usare per non commettere errori a questo riguardo.
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