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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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I doveri, I, 146
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originale
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[146] Itaque ut in fidibus musicorum aures vel minima sentiunt, sic nos, si acres ac diligentes iudices esse volumus animadversores[que] vitiorum, magna saepe intellegemus ex parvis. Ex oculorum optutu, superciliorum aut remissione aut contractione, ex maestitia, ex hilaritate, ex risu, ex locutione, ex reticentia, ex contentione vocis, ex summissione, ex ceteris similibus facile iudicabimus, quid eorum apte fiat, quid ab officio naturaque discrepet. Quo in genere non est incommodum, quale quidque eorum sit, ex aliis iudicare, ut, si quid dedeceat in illis, vitemus ipsi; fit enim nescio quomodo ut magis in aliis cernamus, quam in nobismet ipsis, si quid delinquitur. Itaque facillume corriguntur in discendo, quorum vitia imitantur emendandi causa magistri.
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traduzione
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146. Ora, come nel suono della cetra, gli orecchi dei musici avvertono anche le pi? lievi stonature, cos? noi, se vogliamo essere acuti e diligenti osservatori dei vizi umani, potremo da piccoli indizi rilevare grandi difetti. Da un volger d'occhi, da uno spianare o aggrottar di ciglia, dalla tristezza, dall'allegria, dal sorriso, dal parlare, dal tacere, da un alzare o abbassar di voce, da questi e da altri simili atteggiamenti, ci sar? facile giudicare quale di essi si accordi e quale invece discordi dal dovere e dalla natura. Per questo rispetto, ? molto utile osservare negli altri il particolar valore di ciascuno di quegli atti, s? che noi possiamo evitare ci? che ? sconveniente: ? vero, purtroppo, che , se c'? qualche mancanza o difetto, noi lo scorgiamo pi? acutamente negli altri che in noi stessi. Ecco perch? si correggono tanto pi? facilmente quegli scolari, i cui maestri ne imitano i difetti, allo scopo di correggerli.
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