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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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I doveri, III, 15
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originale
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[15] Cum autem aliquid actum est, in quo media officia compareant, id cumulate videtur esse perfectum propterea, quod vulgus, quid absit a perfecto, non fere intellegit; quatenus autem intellegit, nihil putat praetermissum, quod idem in poematis, in picturis usu venit in aliisque compluribus, ut delectentur imperiti laudentque ea, quae laudanda non sint, ob eam, credo, causam, quod insit in his aliquid probi, quod capiat ignaros, qui idem, quid in unaquaque re vitii sit, nequeant iudicare. Itaque cum sunt docti a peritis, desistunt facile sententia. Haec igitur officia, de quibus his libris disserimus, quasi secunda quaedam honesta esse dicunt, non sapientium modo propria, sed cum omni hominum genere communia.
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traduzione
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15. Quando per? si compie qualche azione nella quale si presentino i doveri di mezzo (relativi), essa sembra assolutamente perfetta, proprio perch? la gente comune in genere non comprende quanto sia lontana dalla perfezione e, fino al punto in cui arriva la sua intelligenza, non pensa di aver trascurato niente. L'identica cosa ? divenuta usuale in fatto di poesia, di dipinti e in molti altri campi, sicch? i profani traggono diletto e apprezzano quelle cose che non devono essere apprezzate, per il motivo - credo - che ? insito in esse un qualcosa di onesto, che affascina gli inesperti, i quali d'altra parte non possono giudicare i difetti propri di ciascuna opera; perci?, quando sono illuminati da esperti, facilmente cambiano la loro opinione.
Questi doveri, dunque, dei quali sto discutendo in questi libri, sono - secondo gli Stoici - cose oneste di secondo grado, non proprie solamente dei sapienti, ma comuni a tutto il genere umano.
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