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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Difesa di Roscio, 23
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originale
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[23] Pro deum hominumque fidem! qui HS iccc ccciccc quaestus facere noluit?nam certe HS iccc ccciccc merere et potuit et debuit, si potest Dionysia HS ccciccc ccciccc merere?is per summam fraudem et malitiam et perfidiam HS iccc appetiit? Et illa fuit pecunia immanis, haec parvola, illa honesta, haec sordida, illa iucunda, haec acerba, illa propria, haec in causa et in iudicio conlocata. Decem his annis proximis HS sexagiens honestissime consequi potuit; noluit. Laborem quaestus recepit, quaestum laboris reiecit; populo Romano adhuc servire non destitit, sibi servire iam pridem destitit.
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traduzione
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23 Mi siano testimoni gli d?i e gli uomini! Un uomo che ha rifiutato affari da centocinquantamila sesterzi - e ne avrebbe tranquillamente avuto la possibilit?, direi quasi il dovere, se Dionisia ne riesce a guadagnare duecentomila -, pu? aver desiderato tanto quei cinquantamila sesterzi al punto da ordire un inganno, frutto della sua malizia e della sua perfidia? Nel primo caso, poi, si trattava di una cifra da capogiro: questa, al confronto, fa ridere; l? erano soldi puliti, soldi che gli garantivano benessere e che erano sicuramente suoi: qua invece si parla di denaro sporco, una preoccupazione, legato com'? alle sorti del processo. In questi ultimi dieci anni avrebbe potuto guadagnare onestamente sei milioni di sesterzi; ma non ha voluto. Ha faticato come si fatica quando si vogliono guadagnare tutti quei soldi, ma ha rifiutato il compenso di tanto sforzo; fino ad oggi non ha smesso un solo attimo di servire il popolo romano, ma gi? da lungo tempo non lo fa pi? con se stesso.
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