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Progetto
Ovidio - database
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autore
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Cicerone
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Difesa di Archia, 26
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originale
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[26] Quid? a Q. Metello Pio, familiarissimo suo, qui civitate multos donavit, neque per se neque per Lucullos impetravisset? qui praesertim usque eo de suis rebus scribi cuperet, ut etiam Cordubae natis poetis, pingue quiddam sonantibus atque peregrinum, tamen auris suas dederet. Neque enim est hoc dissimulandum (quod obscurari non potest) sed prae nobis ferendum: trahimur omnes studio laudis, et optimus quisque maxime gloria ducitur. Ipsi illi philosophi, etiam in eis libellis quos de contemnenda gloria scribunt, nomen suum inscribunt: in eo ipso, in quo praedicationem nobilitatemque despiciunt, praedicari de se ac nominari volunt.
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traduzione
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26 Figuriamoci! Archia non avrebbe forse potuto ottenere la cittadinanza da Quinto Metello Pio, suo intimo amico che l'aveva concessa a molti, sia per i suoi meriti, sia per l'appoggio dei Luculli? Metello, inoltre, era arso dal desiderio che si scrivesse delle sue imprese, al punto che prestava orecchio persino ai poeti di Cordova, dallo stile ridondante ed esotico.
Non si deve passare sotto silenzio l'evidenza dei fatti, ma dire come stanno davvero le cose: tutti quanti siamo presi dal desiderio di successo, anzi pi? uno ? bravo, pi? ? innamorato della gloria. Persino i filosofi pongono il loro nome su quei libri nei quali vanno predicando il disprezzo della gloria: laddove tuonano contro l'encomio e la celebrit? vogliono essere encomiati e celebrati.
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