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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Difesa di Milone, 43
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originale
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43. Hunc igitur diem campi speratum atque exoptatum sibi proponens Milo, cruentis manibus scelus et facinus prae se ferens et confitens, ad illa augusta centuriarum auspicia veniebat? Quam hoc non credibile in hoc! quam idem in Clodio non dubitandum, cum se ille interfecto Milone regnaturum putaret! Quid? (quod caput est [audaciae], iudices) quis ignorat maximam inlecebram esse peccandi impunitatis spem? In utro igitur haec fuit? in Milone, qui etiam nunc reus est facti aut praeclari aut certe necessarii, an in Clodio, qui ita iudicia poenamque contempserat, ut eum nihil delectaret quod aut per naturam fas esset, aut per leges liceret.
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traduzione
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43 Quindi Milone, che teneva fisso davanti agli occhi il giorno dei comizi, desiderato e rincorso, poteva presentarsi con le mani sporche di sangue ai sacri auspici delle centurie, ostentando e per nulla celando un'azione delittuosa? Quanto non ? credibile in lui questo comportamento, quanto, invece, lo stesso fatto non deve creare alcun dubbio nel caso di Clodio, che pensava, una volta ucciso Milone, di spadroneggiare come un re. E che? O giudici, nel compiere atti temerari ? di capitale importanza - chi non lo sa? - la speranza di rimanere impuniti. Chi dei due pot? nutrire, quindi, questa speranza? Milone, che ? chiamato a rispondere anche ora di un'azione giusta, gloriosa, di certo inevitabile? O Clodio, che aveva disprezzato processi e punizioni al punto da amare solo ci? che non ? consentito dalla natura o non ? lecito per le leggi?
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