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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Difesa di Milone, 83
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originale
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83. Quam ob rem uteretur eadem confessione T. Annius qua Ahala, qua Nasica, qua Opimius, qua Marius, qua nosmet ipsi; et, si grata res publica esset, laetaretur: si ingrata, tamen in gravi fortuna conscientia sua niteretur. Sed huius benefici gratiam, iudices, fortuna populi Romani et vestra felicitas et di immortales sibi deberi putant. Nec vero quisquam aliter arbitrari potest, nisi qui nullam vim esse ducit numenve divinum; quem neque imperi nostri magnitudo neque sol ille nec caeli signorumque motus nec vicissitudines rerum atque ordines movent, neque (id quod maximum est) maiorum sapientia, qui sacra, qui caerimonias, qui auspicia et ipsi sanctissime coluerunt, et nobis suis posteris prodiderunt.
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traduzione
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83 Per questo Tito Annio potrebbe servirsi della stessa confessione di Ahala, di Nasica, di Opimio, di Mario, persino della nostra, e sarebbe contento se lo stato gliene fosse grato; se, invece, non lo fosse, si sentirebbe tuttavia a posto con la sua coscienza, pur in gravi circostanze.
La Fortuna del popolo romano, la vostra buona stella, e gli d?i immortali esigono che si riconosca loro il merito di questo beneficio. Nessuno potrebbe pensare diversamente, se non chi vive nella convinzione che non esista alcuna forza superiore o volont? divina, che non ? convinto nemmeno dalla grandezza della nostra potenza, n? dal sole, dal movimento del cielo e degli astri, n? dall'avvicendarsi ben ordinato dei casi umani e, peggio ancora, neppure dalla saggia devozione dei nostri antenati che tramandarono a noi, loro successori, i riti, le cerimonie sacre e gli auspici, da loro venerati in prima persona con estrema scrupolosit
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