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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Difesa di Milone, 100
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originale
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100. Nunc me una consolatio sustentat, quod tibi, T. Anni, nullum a ille amoris, nullum studi, nullum pietatis officium defuit. Ego inimicitias potentium pro te appetivi; ego meum saepe corpus et vitam obieci armis inimicorum tuorum; ego me plurimis pro te supplicem abieci; bona, fortunas meas ac liberorum meorum in communionem tuorum temporum contuli: hoc denique ipso die, si quae vis est parata, si quae dimicatio capitis futura, deposco. Quid iam restat? Quid habeo quod faciam pro tuis in me meritis, nisi ut eam fortunam, quaecumque erit tua, ducam meam? Non recuso, non abnuo; vosque obsecro, iudices, ut vestra beneficia, quae in me contulistis, aut in huius salute augeatis, aut in eiusdem exitio occasura esse videatis.
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traduzione
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100 Al momento, mi sostiene un'unica consolazione: la consapevolezza che non ti sono venuti a mancare, Tiro Annio, il mio affetto, la mia attenzione, la mia riconoscenza. Per te mi sono tirato addosso l'odio di gente potente, per te ho esposto pi? volte alle armi dei tuoi avversari il mio corpo e la mia vita, per te mi sono gettato supplice ai piedi di moltissime persone, e ho associato alle tue sventure ogni bene e ricchezza miei e dei miei figli. Infine, in questo frangente, se si ? predisposto qualche atto di forza e ci sar? da combattere per aver salva la vita, chiedo di questo una parte. Che altro mi resta, ormai? Che altro posso fare in ricompensa dei tuoi benefici verso di me, se non considerare anche mia la sorte, qualunque essa sia, che tra poco ti toccher?? Non la sfuggo, non la rifiuto, e vi prego, giudici, o di accrescere con la salvezza di costui i benefici di cui mi avete colmato, oppure di porvi fine se decreterete per lui la rovina.
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