Cerca |
|
|
|
Progetto
Ovidio - database
|
|
|
|
autore
|
brano
|
|
Cicerone
|
Della divinazione, I, 15
|
|
originale
|
|
15 Videmus haec signa numquam fere ementientia nec tamen cur ita fiat videmus.
"Vos quoque signa videtis, aquai dulcis alumnae,
cum clamore paratis inanis fundere voces
absurdoque sono fontis et stagna cietis."
Quis est, qui ranunculos hoc videre suspicari possit? Sed inest in ranunculis vis et natura quaedam significans aliquid, per se ipsa satis certa, cognitioni autem hominum obscurior.
"Mollipedesque boves, spectantes lumina caeli,
naribus umiferum duxere ex a?re sucum."
Non quaero cur, quoniam quid eveniat intellego.
"lam vero semper viridis semperque gravata
lentiscus, triplici solita grandescere fetu,
ter fruges fundens tria tempora monstrat arandi."
|
|
traduzione
|
|
15 Vediamo che questi indizi non mentono quasi mai, eppure non vediamo perch? ci? accada.
"Anche voi, nutrite di acqua dolce, vedete i segni della tempesta, quando vi apprestate a lanciare vani richiami a gran voce, e con stridule grida turbate le fonti e gli stagni."
Chi potrebbe immaginare che le ranocchie prevedano la tempesta? Ma ? insito nelle ranocchie un potere di presagire qualcosa: un potere difficilmente negabile in quanto tale, anche se non ben comprensibile alla ragione umana.
"E i bovi che incedono lenti, con lo sguardo rivolto al cielo luminoso, aspirano dalle narici l'umido vapore dell'aria."
Non domando il perch?, dal momento che constato che il presagio si avvera.
"Inoltre, sempre verde e sempre carico di bacche, il lentisco, che suole arricchirsi di un triplice frutto, tre volte effondendo la sua messe preannuncia i tre tempi dell'aratura."
|
|
|
|
tutto
il materiale presente su questo sito è a libera disposizione di tutti,
ad uso didattico e personale, non profit/no copyright --- bukowski
|
|
|