20 Hic silvestris erat Romani nominis altrix
Martia, quae parvos Mavortis semine natos
uberibus gravidis vitali rore rigabat;
quae tum cum pueris flammato fulminis ictu
concidit atque avolsa pedum vestigia liquit.
Tum quis non artis scripta ac monumenta volutans
voces tristificas chartis promebat Etruscis?
Omnes civilem generosa stirpe profectam
volvier ingentem cladem pestemque monebant;
tum legum exitium constanti voce ferebant,
templa deumque adeo fiammis urbemque iubebant
eripere et stragem horribilem caedemque vereri;
atque haec fixa gravi fato ac fundata teneri,
ni prius excelsum ad columen formata decore
sancta Iovis species claros spectaret in ortus:
tum fore ut occultos populus sanctusque senatus
cernere conatus posset, si solis ad ortum
conversa inde patrum sedes populique videret.
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20 Qui c'era la silvestre nutrice marzia della gente romana, che con le turgide mammelle alimentava di rugiada vitale i piccoli nati dalla stirpe di Marte: essa allora, colpita insieme coi fanciulli dal fulmine fiammeggiante, cadde e, divelta dalla base, vi lasci? l'impronta dei piedi. Chi in quel tempo, leggendo e rileggendo gli scritti e i documenti dell'arte divinatoria, non ricavava dalle carte etrusche lugubri presagi? Tutti avvertivano che una grande sciagura per tutta la citt?, un flagello stava per scatenarsi, per opera di una famiglia nobile; e annunziavano anche, con parole sempre ripetute, la rovina delle leggi e ordinavano soprattutto di sottrarre dalle fiamme i templi degli d?i e la citt?, e di guardarsi da una strage e da un massacro orribile. Dicevano che queste cose erano immutabilmente fissate da un tremendo destino, a meno che, prima, una sacra immagine di Giove, fatta con arte, collocata su un'alta colonna, fosse rivolta verso la chiara luce d'oriente. Soltanto allora il popolo e il santo senato avrebbero potuto scoprire queste mene occulte, se la statua di Giove, rivolta verso il sorgere del sole, avesse potuto di l? vedere le sedi dei senatori e del popolo.
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