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autore
brano
 
Cicerone
Della divinazione, I, 29
 
originale
 
29 Ut P. Claudius, Appi Caeci filius, eiusque collega L. Iunius classis maxumas perdiderunt, cum vitio navigassent. Quod eodem modo evenit Agamemnoni; qui,cum Achivi coepissent "inter sese strepere aperteque artem obterere extispicum solvere imperat secundo rumore adversaque avi." Sed quid vetera? M. Crasso quid acciderit videmus, dirarum obnuntiatione neglecta. In quo Appius, collega tuus, bonus augur, ut ex te audire soleo, non satis scienter virum bonum e civem egregium censor C. Ateium notavit, quod ementitu auspicia subscriberet. Esto; fuerit hoc censoris, si iudicabat ementitum; at illud minime auguris, quod adscripsit ob ea causam populum Romanum calamitatem maxumam cepisse. Si enim ea causa calamitatis fuit, non in eo est culpa, qui obnuntiavit, sed in eo, qui non paruit. Veram enim fuisse obnuntiationem, ut ait idem augur et censor, exitus adprobavit; quae si falsa fuisset, nullam adferre potuisset causam calamitatis. Etenim dirae, sicut cetera auspicia, ut omina, ut signa, non causas adferunt, cur quid eveniat, sed nuntiant eventura, nisi provideris.
 
traduzione
 
29 Per esempio Publio Claudio, figlio di Appio il cieco, e il suo collega Lucio Giunio persero ingenti flotte, perch? avevano preso il mare con auspicii contrari. Parimenti ci? accadde ad Agamennone, il quale, poich? gli Achei avevano incominciato "a schiamazzare tra loro e a denigrare apertamente l'arte degli scrutatori di viscere, ordina di salpare col plauso delle truppe e con l'ostilit? dei presagi." Ma a che scopo rievocare fatti remoti? Che cosa sia accaduto a Marco Crasso lo sappiamo, per avere spregiato il divieto dei presagi infausti. In questa circostanza Appio, tuo collega e bravo ?ugure (come spesso mi hai detto), con scarsa cognizione di causa, in qualit? di censore, inflisse un biasimo a Gaio Ateio, ottimo uomo ed egregio cittadino, perch? (questa la motivazione) aveva annunziato auspicii falsi. Sia pure, ammettiamo che quello fosse il suo dovere di censore, se giudicava che Ateio avesse trasgredito quel divieto; ma non fece il suo dovere di ?ugure, dal momento che aggiunse per iscritto che per quella causa il popolo romano aveva sub?to una gravissima sciagura. Se, infatti, fu quella la causa della sciagura, la colpa non va attribuita a chi la predisse, ma a chi non obbed? alla dissuasione. Che la dissuasione fosse giusta, come disse Appio, ?ugure e censore nello stesso tempo, fu dimostrato dagli eventi; se fosse stata falsa, Appio non avrebbe saputo addurre alcuna altra causa della sciagura. E in realt? le predizioni infauste, come gli altri auspicii, presagi, segni, non ci dicono le cause per cui qualcosa avverr?, ma ci annunziano che qualcosa di male avverr? se non correrai ai ripari.
 

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