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autore
brano
 
Cicerone
Della divinazione, I, 105
 
originale
 
105 Quid de auguribus loquar? Tuae partes sunt, tuum, inquam, auspiciorum atrocinium debet esse. Tibi App. Claudius augur consuli nuntiavit addubitato salutis augurio bellum domesticum triste ac turbulentum fore; quod paucis post mensibus exortum paucioribus a te est diebus oppressum. Cui quidem auguri vehementer adsentior; solus enim multorum annorum memoria non decantandi augurii, sed divinandi tenuit disciplinam. Quem inridebant collegae tui eumque tum Pisidam, tum Soranum augurem esse dicebant; quibus nulla videbatur in auguriis aut praesensio aut scientia veritatis futurae; sapienter aiebant ad opinione imperitorum esse fictas religiones. Quod longe secus est neque enim in pastoribus illis, quibus Romulus praefuit, ne in ipso Romulo haec calliditas esse potuit, ut ad errorem multitudinis religionis simulacra fingerent. Sed difficultas laborque discendi disertare neglegentiam reddidit; malunt enim disserere nihil esse in auspiciis quam, quid sit, ediscere.
 
traduzione
 
105 E degli ?uguri, che dire? ? materia di tua pertinenza; a te, dico, deve spettare la difesa degli auspicii. Quando eri console, l'?ugure Appio Claudio ti annunzi? - avendo giudicato ambiguo l'"augurio della salvezza" - che vi sarebbe stata una guerra civile funesta e tempestosa. E pochi mesi dopo scoppi?, e tu la soffocasti in ancor pi? pochi giorni. Quell'?ugure io lo stimo altamente, perch? egli solo, dopo molti anni, non si limit? a ripetere le solite formule augurali, ma mantenne in vita l'arte della divinazione. I tuoi colleghi lo deridevano, lo chiamavano ?ugure di Pisidia o di Sora: essi credevano che negli augurii non vi fosse nessun presentimento, nessuna conoscenza della realt? futura; erano stati accorti, dicevano, quelli che avevano inventato le credenze religiose per darle a intendere agli ignoranti! Ma la realt? ? ben diversa: n? quei pastori di cui Romolo fu il re, n? Romolo in persona poterono essere tanto smaliziati da inventare delle parvenze di religione per trarre in errore la moltitudine. Ma la difficolt? e la fatica d'imparare hanno reso eloquenti i fannulloni: meglio fare forbiti discorsi sul valore nullo degli auspicii, che apprenderne con cura l'essenza.
 

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