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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Della divinazione, I, 115
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originale
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115 Similiter Marcius et Publicius vates cecinisse dicuntur; quo de genere Apollinis operta prolata sunt. Credo etiam anhelitus quosdam fuisse terrarum, quibus inflatae mentes oracla funderent.
Atque haec quidem vatium ratio est, nec dissimilis sane somniorum. Nam quae vigilantibus accidunt vatibus, eadem nobis dormientibus. Viget enim animus in somnis liber ab sensibus omnique impeditone curarum, iacente et mortuo paene corpore. Qui quia vixit ab omni aeternitate versatusque est cum innumerabilibus animis, omnia quae in natura rerum sunt videt, si modo temperatis escis modicisque potionibus ita est adfectus, ut sopito corpore ipse vigilet. Haec somniantis est divinatio.
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traduzione
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115 Similmente i vati Marcio e Publicio cantarono oracoli, a quanto si dice; e allo stesso modo furono profferiti gli enigmi di Apollo. Credo anche che dalle fenditure della terra uscissero esalazioni che inebriavano le menti e le inducevano a effondere oracoli.
E questo ? il modo di profetare dei vati, non dissimile, invero, da quello dei sogni. Ci? che accade ai vari da svegli, accade a noi quando dormiamo. Nel sonno l'anima ? in pieno vigore, libera dai sensi e da ogni preoccupazione che la frastorni, poich? il corpo giace come se fosse morto. E poich? l'anima esiste da sempre e ha avuto rapporti con altre innumerevoli anime, vede tutto ci? che esiste nell'universo, purch?, grazie a un cibo leggero e a bevande modiche, si trovi nella condizione di essere essa desta mentre il corpo ? immerso nel sonno. Questo ? il genere di divinazione di chi sogna.
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