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autore
brano
 
Cicerone
Della divinazione, I, 117
 
originale
 
117 Quo modo autem aut vates aut somniantes ea videant, quae nusquam etiam tunc sint, magna quaestio est. Sed esplorata si sint ea quae ante quaeri debeant, sint haec quae quaerimus faciliora. Continet enim totam hanc quaestionem ea ratio, quae est de natura deorum, quae a te secundo libro est esplicata dilucide. Quam si obtinemus, stabit illud quod hunc locum continet de quo agimus: esse deos, et eorum providentia mundum administrari, eosdemque consulere rebus humanis, nec solum universis, verum etiam singulis. Haec si tenemus, quae mihi quidem non videntur posse convelli, profecto hominibus a dis futura significari necesse est.
 
traduzione
 
117 In qual modo, poi, i vati o quelli che sognano vedano le cose che ancora non esistono in alcun luogo, ? oggetto di un'ardua discussione. Ma se indaghiamo ci? che dovr? essere discusso preliminarmente, la soluzione diverr? pi? facile. Tutto questo problema, difatti, fa parte di quel pi? vasto argomento riguardante la natura degli d?i, che tu hai spiegato con gran chiarezza nel libro secondo della tua opera. Se ci atterremo a quei princ?pi, rimarr? accertato ci? di cui fa parte la questione che stiamo indagando adesso. Si trattava di questo: gli d?i esistono; il mondo ? governato dalla loro provvidenza; essi si curano delle cose umane, non solo nel loro insieme, ma anche per ci? che riguarda i singoli individui. Se teniamo fermi questi punti, che a me non sembrano confutabili, senz'altro ? necessario che gli d?i facciano sapere il futuro agli uomini.
 

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