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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Della divinazione, I, 131
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originale
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131 Democritus autem censet sapienter instituisse veteres ut hostiarum immolatarum inspicerentur exta; quorum ex habitu atque ex colore tum salubritatis, tum pestilentiae signa percipi, non numquam etiam quae sit vel sterilitas agrorum vel fertilitas futura. Quae si a natura profecta observatio atque usus agnovit, multa adferre potuit dies, quae animadvertendo notarentur, ut ille Pacuvianus, qui in Chryse physicus inducitur, minime naturam rerum cognosse videatur:
"nam isti qui linguam avium intellegunt
plusque ex alieno iecore sapiunt quam ex suo
magis audiendum quam auscultandum censeo.
Cur, quaeso, cum ipse paucis interpositis versibus dicas satis luculente:
"Quidquid est hoc, omnia animat, format, alit, auget creat,
sepelit recipitque in sese omnia omniumque idemst pater,
indidemque eadem aeque oriuntur de integro atque eodem occidunt."
Quid est igitur cur, cum domus sit omnium una, eaque communis, cumque animi hominum semper fuerint futurique sint, cur ii, quid ex quoque eveniat, et quid quamque rem significet, perspicere non possint? Haec babui," inquit, "de divinatione quae dicerem.
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traduzione
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131 Democrito, a sua volta, ritiene che gli antichi saggiamente prescrissero di osservare le viscere delle vittime immolate: dalla loro forma e dal loro colore, egli dice, si possono trarre indizi sia di salubrit? dell'aria sia di pestilenza, qualche volta anche di sterilit? o di fertilit? dei campi. E se l'osservazione e la pratica dei fenomeni naturali ? in grado di prevedere queste cose, molte altre si possono, col lungo trascorrere del tempo, scrutare e annotare. Sicch? non sembra che conosca affatto la natura quello scienziato che nel Crise di Pacuvio viene introdotto a dire: "Costoro che intendono il linguaggio degli uccelli e traggono la loro sapienza pi? dal fegato degli animali che dal proprio, io ritengo che sia meglio starli a sentire che dar loro retta."
Perch?, dimmi un poco, parli cos?, dal momento che tu stesso, pochi versi dopo, dici in modo eccellente:
"Qualunque sia questo essere, esso anima, forma, nutre, accresce, crea; seppellisce e accoglie in s? tutto, e di tutto, al tempo stesso, ? padre; e le medesime cose sorgono da esso di nuovo e in esso si dissolvono."
Perch?, dunque, se la sede di tutti gli esseri ? unica e a tutti comune, e se le anime umane sono sempre esistite e sempre esisteranno, perch?, dico, non dovrebbero essere in grado di intendere quale effetto risulti da ogni singola causa e quale segno preannunci ciascun evento? Questo", concluse Quinto, "? ci? che avevo da dire sulla divinazione.
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