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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Della divinazione, II, 133
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originale
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133 Ille vero nimis etiam obscurus Euphorion; at non Homerus; uter igitur melior? Valde Heraclitus obscurus, minime Democritus; num igitur conferendi? Mea causa me mones quod non intellegam: quid me igitur mones? Ut si quis medicus aegroto imperet ut sumat
"terrigenam, herbigradam, domiportam, sanguine cassam",
potius quam hominum more "cocleam" diceret. Nam Pacuvianus Amphio
"quadrupes, tardigrada, agrestis, humilis, aspera,
capite brevi, cervice anguina, aspectu truci,
sviscerata, inanima cum animali sono"
cum dixisset obscurius, tum Attici respondent:
"non intellegimus, nisi si aperte dixeris."
At ille uno verbo: "testudo". Non potueras hoc igitur a principio, citharista, dicere?
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traduzione
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133 Certo, quel famoso Euforione ? oscuro anche troppo; ma non lo ? Omero: quale dei due ? miglior poeta? ? estremamente oscuro Eracl?to, non lo ? per nulla Democrito: si pu? fare tra loro un paragone? Per il mio bene mi dai un avvertimento che io non sono in grado di capire: con che frutto, dunque, mi avverti? Sarebbe come se un medico prescrivesse a un malato di prender come cibo "la nata dalla terra, strisciante sull'erba, portatrice della propria casa, priva di sangue" invece di dire, come diciamo tutti, "lumaca". E dopo che l'Anfione della tragedia di Pacuvio ha detto in modo assai oscuro: "Una bestia quadrupede, dal cammino lento, selvatica, bassa di statura, ruvida, dalla testa corta, dal collo simile a quello d'un serpente, dall'aspetto truce, privata delle viscere, inanimata eppure capace di emettere un suono come un essere animato," gli attici replicano: "Non comprendiamo, se non lo dici apertamente." E quegli, allora, con una sola parola: "una tartaruga." Non avresti dunque potuto, o citaredo, dire ci? fin dal principio?
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