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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Contro Catilina, III, 11
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originale
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[11] Volturcius vero subito litteras proferri atque aperiri iubet, quas sibi a Lentulo ad Catilinam datas esse dicebat Atque ibi vehementissime perturbatus Lentulus tamen et signum et manum suam cognovit. Erant autem sine nomine, sed ita: 'Quis sim, scies ex eo, quem ad te misi. Cura, ut vir sis, et cogita, quem in locum sis progressus. Vide, ecquid tibi iam sit necesse, et cura, ut omnium tibi auxilia adiungas, etiam infimorum.' Gabinius deinde introductus cum primo impudenter respondere coepisset, ad extremum nihil ex iis, quae Galli insimulabant, negavit.
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traduzione
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11 Gli viene letta la lettera, di analoga ispirazione, rivolta al Senato e al popolo degli Allobrogi. Gli concedo di parlare, se intende aggiungere qualcosa. Dapprima risponde di no, ma, poco dopo, quando la deposizione viene messa a verbale e letta, si alza in piedi. Chiede ai Galli di chiarire quali legami intercorressero tra di loro e perch? fossero venuti a casa sua. Lo stesso fa con Volturcio. I Galli gli rispondono con brevit? e con decisione, rivelando il nome di chi li aveva condotti da lui e il numero degli incontri. Gli chiedono, a loro volta, se non abbia niente da dire a proposito degli oracoli sibillini. Allora Lentulo, di colpo, perde la testa di fronte al suo crimine, mostrando quanto sia devastante averne coscienza. Poteva negare l'accusa. Invece confessa, all'improvviso, contro l'opinione di tutti. Cos?, non solo gli venne a mancare l'acume e l'abilit? oratoria, da sempre suoi punti di forza, ma, per la gravit? e l'evidenza del suo crimine, lo abbandonarono anche quella protervia e quella mancanza di scrupoli che lo rendevano unico.
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