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brano
 
Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), I, 6
 
originale
 
[6] Ecce Socraten contubernalem meum conspicio. Humi sedebat scissili palliastro semiamictus, paene alius lurore ad miseram maciem deformatus, qualia solent fortunae decermina stipes in triviis erogare. Hunc talem, quamquam necessarium et summe cognitum, tamen dubia mente propius accessi. "Hem," inquam "mi Socrates, quid istud? Quae facies? Quod flagitium? At vero domi tuae iam defletus et conclamatus es, liberis tuis tutores iuridici provincialis decreto dati, uxor persolutis feralibus officiis luctu et maerore diuturno deformata, diffletis paene ad extremam captivitatem oculis suis, domus infortunium novarum nuptiarum gaudiis a suis sibi parentibus hilarare compellitur. At tu hic larvale simulacrum cum summo dedecore nostro viseris." "Aristomene", inquit "ne tu fortunarum lubricas ambages et instabiles incursiones et reciprocas vicissitudines ignoras", et cum dicto sutili centunculo faciem suam iam dudum punicantem prae pudore obtexit ita ut ab umbilico pube tenus cetera corporis renudaret. Nec denique perpessus ego tam miserum aerumnae spectaculum iniecta manu ut adsurgat enitor.
 
traduzione
 
?Ma pensa un po' chi vidi: Socrate, un vecchio amicone. Se ne stava seduto per terra, ravvoltolato a mala pena in un mantellaccio sbrindellato, irriconoscibile, tanto era pallido e smagrito; pareva uno di quei poveri disgraziati perseguitati dalla malasorte che si riducono a chiedere l'elemosina alle cantonate. ?Nonostante la confidenza e la familiarit?, mi avvicinai a lui con una certa titubanza: 'Ohil?, Socrate,' gli feci, 'cos'? questa storia? Com'? che sei in questo stato? Che t'? capitato? A casa ti piangono per morto e ai tuoi figli i giudici hanno gi? dato un tutore; con tua moglie, che t'ha fatto il funerale e che s'? consumata in lacrime e che per il pianto le si sono seccati gli occhi, i suoi parenti insistono perch? si consoli della tua perdita e rallegri la tua casa con nuove nozze. E tu, intanto, te ne stai qui che mi sembri proprio un fantasma. ? proprio un avvilimento!' ?'Ah, Aristomene,' mi rispose, 'come si vede che non conosci i colpi mancini della fortuna, i suoi capricci, i suoi tranelli' e, arrossendo per la vergogna, si tir? sulla faccia quel suo mantello sbrindellato; ed io vidi che sotto era nudo dal ventre al pube. ?Non reggendo alla vista di tanta miseria, gli tesi la mano e feci per tirarlo su.
 

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