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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), I, 19
 
originale
 
[19] Quo facto et ipse aliquid indidem sumo eumque avide essitantem aspiciens aliquanto intentiore macie atque pallore buxeo deficientem video. Sic denique eum vitalis color turbaverat ut mihi prae metu, nocturnas etiam Furias illas imaginanti, frustulum panis quod primum sumpseram quamvis admodum modicum mediis faucibus inhaereret ac neque deorsum demeare neque sursum remeare posset. Nam et brevitas ipsa commeantium metum mihi cumulabat. Quis enim de duobus comitum alterum sine alterius noxa peremptum crederet? Verum ille, ut satis detruncaverat cibum, sitire inpatienter coeperat; nam et optimi casei bonam partem avide devoraverat, et haud ita longe radices platani lenis fluvius in speciem placidae paludis ignavus ibat argento vel vitro aemulus in colorem. "En" inquam "explere latice fontis lacteo." Adsurgit et oppertus paululum pleniorem ripae marginem complicitus in genua adpronat se avidus adfectans poculum. Necdum satis extremis labiis summum aquae rorem attigerat, et iugulo eius vulnus dehiscit in profundum patorem et illa spongia de eo repente devolvitur eamque parvus admodum comitatur cruor. Denique corpus exanimatum in flumen paene cernuat, nisi ego altero eius pede retento vix et aegre ad ripam superiorem adtraxi, ubi defletum pro tempore comitem misellum arenosa humo in amnis vicinia sempiterna contexi. Ipse trepidus et eximie metuens mihi per diversas et avias solitudines aufugi et quasi conscius mihi caedis humanae relicta patria et lare ultroneum exilium amplexus nunc Aetoliam novo contracto matrimonio colo."
 
traduzione
 
?Cos? facemmo e anch'io trassi fuori qualcosa da mangiare per me e intanto lo osservavo. Ed ecco che mentre mangiava avidamente lo vidi, tutto a un tratto, impallidire, farsi livido livido come uno stecco. Man mano che perdeva colore io rivedevo l'orribile scena della notte e, per lo spavento, il pezzo di pane che avevo messo in bocca, bench? piccolo, mi si piant? nel gozzo, tanto che non riuscivo a mandarlo n? su n? gi?. ?Non passava di l? molta gente e questo accresceva il mio terrore. Chi avrebbe creduto che di due compagni uno era morto senza che l'altro ne sapesse nulla? Socrate, intanto, che s'era ingozzato di pane e aveva fatto fuori quasi tutto il formaggio, ora si sentiva bruciare dalla sete. Poco lontano dal nostro platano scorreva un filo d'acqua ma cos? lento da formare una pozza limpida e chiara come argento o vetro. ?'Eccoti l? dell'acqua' gli dissi 'bianca come il latte.' ?Egli si alz?, s'accost? alla riva l? dove questa era pi? bassa e fece per inginocchiarsi e bere con avidit? ma non aveva ancora accostato le labbra all'acqua che il collo gli si apr? in un largo e profondo squarcio e ne venne fuori la spugna e un po' di sangue. Era morto, e sarebbe caduto in acqua se io, appena in tempo, afferrandolo prontamente per un piede, non lo avessi tirato su a fatica. E l?, su quella riva, come potetti, date le circostanze, piansi l'infelice compagno: scavai una fossa nella sabbia e ve lo chiusi per sempre. ?Ero pieno di paura, temevo guai peggiori e cos? mi misi a fuggire qua e l? per luoghi desolati e deserti e, quasi avessi sulla coscienza un delitto, lasciai la mia patria, la mia casa e scelsi un volontario esilio. ?Ora vivo in Etolia e mi sono fatta uma nuova famiglia.?
 

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