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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), I, 26
 
originale
 
[26] Et ecce Photis ancilla: "Rogat te" inquit "hospes." At ego iam inde Milonis abstinentiae cognitor excusavi comiter, quod viae vexationem non cibo sed somno censerem diluendam. Isto accepto pergit ipse et iniecta dextera clementer me trahere adoritur. Ac dum cunctor, dum moleste renitor: "Non prius" inquit "discedam quam me sequaris", et dictum iure iurando secutus iam obstinationi suae me ingratiis oboedientem perducit ad illum suum grabattulum et residenti: "Quam salve agit" inquit "Demeas noster? Quid uxor? Quid liberi? Quid vernaculi?" Narro singula. Percontatur accuratius causas etiam peregrinationis meae. Quas ubi probe protuli, iam et de patria nostra et eius primoribus ac denique de ipso praeside scrupulosissime explorans, ubi me post itineris tam saevi vexationem sensit fabularum quoque serie fatigatum in verba media somnolentum desinere ac nequicquam, defectum iam, incerta verborum salebra balbuttire, tandem patitur cubitum concederem. Evasi aliquando rancidi senis loquax et famelicum convivium somno non cibo gravatus, cenatus solis fabulis, et in cubiculum reversus optatae me quieti reddidi.
 
traduzione
 
Ma ecco Fotide, la servetta, ad avvertirmi che il padrone mi cercava, ed io, che ormai conoscevo quanto Milone fosse spilorcio, a schernirmi con belle maniere, dicendo che avevo pi? bisogno di sonno che di cibo per smaltire lo strapazzo del viaggio. Ma lui a precipitarsi di persona, a prendermi per un braccio e, tutto cerimonioso, a tirarmi con s?. Io cercavo di tergiversare, di resistergli con garbo ma quello a insistere: ?Non mi muover? di qui fino a quando non mi avrai seguito? e accompagnando queste parole con un giuramento, riusc? a rimorchiarmi fino a quel suo lettuccio. Alle sue insistenze, di mala voglia, fui costretto a sedermi e lui a chiedermi come se la passasse Demea, la moglie, i figli, la gente di casa ed io a metterlo al corrente di tutto. Poi volle sapere per filo e per segno le ragioni del mio viaggio ed io a riferirgliele tutte nei minimi particolari e lui ancora a interrogarmi della mia patria, dei cittadini pi? in vista, perfino del governatore, fino a quando non cap? che ero troppo stanco del viaggio, stremato da tutte quelle chiacchiere e mezzo morto di sonno, al punto da lasciare a met? le frasi e biascicare appena qualche parola sconnessa. Solo allora si rassegn? a mandarmi a dormire. Finalmente pieno di sonno ma non di cibo mi liberai da quel vecchio petulante che mi aveva offerto un pranzo di sole chiacchiere e, rientrato nella mia camera, mi abbandonai al tanto sospirato riposo.
 

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