[25] Sic desolatus ad cadaveris solacium perfrictis oculis et obarmatis ad vigilias animum meum permulcebam cantationibus, cum ecce crepusculum et nox provecta et nox altior et dein concubia altiora et iam nox intempesta. Mihique oppido formido cumulatior quidem cum repente introrepens mustela contra me constitit optutumque acerrimum in me destituit, ut tantillula animalis prae nimia sui fiducia mihi turbarit animum. Denique sic ad illam: "Quin abis," inquam "inpurata bestia, teque ad tui similes musculos recondis, antequam nostri vim praesentariam experiaris? Quin abis?" Terga vortit et cubiculo protinus exterminatur. Nec mora, cum me somnus profundus in imum barathrum repente demergit, ut ne deus quidem Delphicus ipse facile discerneret duobus nobis iacentibus quis esset magis mortuus. Sic inanimis et indigens alio custode paene ibi non eram.
|
Cos? mi ritrovai solo a tener compagnia a un morto. Mi fregai gli occhi per prepararli alla veglia e mi misi a canticchiare per farmi coraggio.
Ed ecco scendere la sera, il buio, sempre pi? fitto e la notte, la notte profonda. A mano a mano anche la mia paura cresceva, quando, a un tratto, una faina scivol? dentro la stanza e mi si venne a piazzare proprio davanti, fissandomi con i suoi occhietti acutissimi. Era una bestiola innocua ma io rimasi egualmente turbato, proprio per la sicurezza con cui mi si era avvicinata: ?Va via, bestiaccia? alla fine le gridai ?vatti a confondere tra i topi pari tuoi, prima che ti faccia assaggiare la mia forza. E allora, che aspetti?? Fece dietro front e scivol? via dalla stanza. Ma subito dopo un sonno pesante mi sprofond?, all'improvviso, come in un baratro, sicch? nemmeno il dio di Delfo avrebbe pi? potuto distinguere chi fra noi due, in quella stanza, fosse il pi? morto, lunghi distesi com'eravamo. Insomma ero privo di vita, fuori di questo mondo e di un guardiano ero io ad averne bisogno.
|