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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Apuleio
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Metamorfosi (l'asino d'oro), III, 1
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originale
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[1] Commodum poenicantibus phaleris Aurora roseum quatiens lacertum caelum inequitabat, et me securae quieti revulsum nox diei reddidit. Aestus invadit animum vespertini recordatione facinoris; complicitis denique pedibus ac palmulis in alternas digitorum vicissitudines super genua conexis sic grabattum cossim insidens ubertim flebam, iam forum et iudicia, iam sententiam, ipsum denique carnificem imaginabundus. "An mihi quisquam tam mitis tamque benivolus iudex obtinget, qui me trinae caedis cruore perlitum et tot civium sanguine delibutum innocentem pronuntiare poterit? Hanc illam mihi gloriosam peregrinationem fore Chaldaeus Diophanes obstinate praedicabat." Haec identidem mecum replicans fortunas meas heiulabam. Quati fores interdum et frequenti clamore ianuae nostrae perstrepi.
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traduzione
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Non appena l'Aurora dalle rosee braccia scosse le briglie d'oro ai suoi cavalli e s'avanz? nel cielo, la notte mi strapp? dal sonno profondo per consegnarmi al giorno.
Al ricordo di quanto era accaduto la sera prima un turbamento angoscioso prese l'animo mio. Seduto sul letto a gambe incrociate, con le mani intrecciate sui ginocchi, piangevo a calde lacrime, immaginandomi gi? il tribunale, il processo, la sentenza e lo stesso carnefice.
?Vallo a trovare un giudice? dicevo fra me ?tanto indulgente e comprensivo da assolvere un uomo reo di triplice omicidio, macchiatosi del sangue di cittadini! Ecco la gloria che, a sentire Diofane il Caldeo, questo viaggio sicuramente mi avrebbe procurato!? Cos? gemevo fra me, ripensando alla mia sventura.
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