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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Apuleio
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Metamorfosi (l'asino d'oro), III, 2
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originale
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[2] Nec mora, cum magna inruptione patefactis aedibus magistratibus eorumque ministris et turbae miscellaneae cuncta completa statimque lictores duo de iussu magistratuum immissa manu trahere me sane non renitentem occipiunt. Ac dum primum angiportum insistimus, statim civitas omnis in publicum effusa mira densitate nos insequitur. Et quamquam capite in terram immo ad ipsos inferos iam deiecto maestus incederem, obliquato tamen aspectu rem admirationis maximae conspicio: nam inter tot milia populi circum fluentis nemo prorsum qui non risu dirumperetur aderat. Tandem pererratis plateis omnibus et in modum eorum quibus lustralibus piamentis minas portentorum hostiis circumforaneis expiant circumductus angulatim forum eiusque tribunal adstituo. Iamque sublimo suggestu magistratibus residentibus, iam praecone publico silentium clamante, repente cuncti consona voce flagitant propter coetus multitudinem, quae pressurae nimia densitate periclitaretur, iudicium tantum theatro redderetur. Nec mora, cum passim populus procurrens caveae conseptum mira celeritate complevit; aditus etiam et tectum omne fartim stipaverant, plerique columnis implexi, alii statuis dependuli, nonnulli per fenestras et lacunaria semiconspicui, miro tamen omnes studio visendi pericula salutis neclegebant. Tunc me per proscaenium medium velut quandam victimam publica ministeria producunt et orchestrae mediae sistunt.
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traduzione
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A un tratto sentii battere con forza al portone e un confuso vocio di pi? persone. Spalancate le porte tutta la casa fu piena di magistrati, di guardie, di un codazzo di gente; seduta stante, a un cenno, due littori mi agguantarono e senza ch'io facessi resistenza, mi trascinarono via.
Avevamo appena messi i piedi in istrada che una gran folla sbucata da ogni parte, quasi l'intera citt?, ci venne dietro. Io procedevo affranto, col capo all'ingi?, penzoloni, a dir meglio rivolto gi? all'inferno, eppure a un'occhiata che diedi di traverso, mi colp? una cosa stranissima: non c'era una persona, una soltanto fra le tante migliaia che mi si affollavano intorno che non si sbellicasse dalle risa.
Mi fecero percorrere tutte le strade, fermarmi ad ogni cantonata, come quando si portano in processione le vittime per scongiurare la minaccia di funesti portenti; alla fine mi menarono nel foro, davanti al tribunale.
I magistrati erano gi? seduti sui loro alti scranni e il banditore chiedeva che si facesse silenzio, quando a un tratto da parte del pubblico si grid? all'unisono che un processo cos? importante fosse celebrato in teatro, perch? troppa era la calca e c'era il rischio di rimanere schiacciati.
In un lampo la folla si rivers? nella platea e riemp? ogni ordine di posti, premette ai cancelli, strabocc? per fino sui tetti: alcuni rimasero abbracciati alle colonne, altri aggrappati alle statue, altri ancora s'accontentarono di allungare il collo da finestre e abbaini, senza minimamente preoccuparsi per la gran smania di vedere del rischio che correvano.
Le guardie intanto mi avevano condotto sul proscenio come una vittima e piazzato proprio in mezzo all'orchestra.
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