[10] Tunc ille quorundam astu paulisper cohibitus risus libere iam exarsit in plebem. Hi gaudii nimietate graculari, illi dolorem ventris manuum compressione sedare. Et certe laetitia delibuti meque respectantes cuncti theatro facessunt. At ego, ut primum illam laciniam prenderam, fixus in lapidem steti gelidus nihil secus quam una de ceteris theatri statuis vel columnis. Nec prius ab inferis demersi quam Milon hospes accessit et iniecta manu me renitentem lacrimisque rursum promicantibus crebra singultientem clementi violentia secum adtraxit, et observatis viae solitudinibus per quosdam amfractus domum suam perduxit, maestumque me atque etiam tunc trepidum variis solatur affatibus. Nec tamen indignationem iniuriae, quae inhaeserat altius meo pectori, ullo modo permulcere quivit.
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Allora le risate che alcuni, maliziosamente, erano riusciti a trattenere si propagarono senza pi? freno tra la folla; alcuni parevano impazziti per la gioia, altri si tenevano con le mani la pancia dolente per il gran ridere e tutti, divertiti e contenti, nel lasciare il teatro, continuavano a voltarsi verso di me.
Io invece, da quando avevo toccato quel lenzuolo, ero rimasto impietrito, agghiacciato come una statua, una colonna del teatro e non ritornai in me se non quando il mio ospite, Milone, avvicinandosi e posandomi una mano sulla spalla, malgrado io tentassi di resistergli e tornassi a singhiozzare e a piangere angosciosamente, con dolce violenza, mi trascin? via con s? e, per vie traverse e deserte, mi condusse a casa sua cercando di consolarmi con vari discorsi, affranto e avvilito com'ero.
Non riuscii, tuttavia, in alcun modo a placare lo sdegno per la beffa patita e che mi bruciava dentro.
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