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Progetto
Ovidio - database
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Apuleio
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Metamorfosi (l'asino d'oro), IV, 26
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originale
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26. Tali puella sermone deterrita manusque eius exosculata: "Parce," inquit "mi parens, et durissimo casui meo pietatis humanae memor subsiste paululum. Nec enim, ut reor, aevo longiore maturae tibi in ista sancta canitie miseratio prorsus exarvit. Specta denique scaenam meae calamitatis. Speciosus adulescens inter suos principalis, quem filium publicum omnis sibi civitas cooptavit, meus alioquin consobrinus, tantulo triennio maior in aetate, qui mecum primis ab annis nutritus et adultus individuo contubernio domusculae immo vero cubiculi torique sanctae caritatis adfectione mutua mihi pigneratus votisque nuptialibus pacto iugali pridem destinatus, consensu parentum tabulis etiam maritus nuncupatus, ad nuptias officio frequenti cognatorum et adfinium stipatus templis et aedibus publicis victimas immolabat; domus tota lauris obsita taedis lucida constrepebat hymenaeum; tunc me gremio suo mater infelix tolerans mundo nuptiali decenter ornabat mellitisque saviis crebiter ingestis iam spem futuram liberorum votis anxiis propagabat, cum irruptionis subitae gladiatorum fit impetus ad belli faciem saeviens, nudis et infestis mucronibus coruscans: non caedi non rapinae manus adferunt, sed denso conglobatoque cuneo cubiculum nostrum invadunt protinus. Nec ullo de familiaribus nostris repugnante ac ne tantillum quidem resistente misera formidine exanimem, saevo pavore trepidam, de medio matris gremio rapuere. Sic ad instar Attidis vel Protesilai dispectae disturbataeque nuptiae.
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traduzione
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Atterrita da questo discorso la fanciulla prese a baciarle le mani e a implorare: ?Perdonami, madre mia, perdonami, ma abbi un po' di compassione per la mia infelicissima sorte. Io lo so, ne sono sicura che l'et? ormai avanzata, questa tua veneranda canizie non ha inaridito in te il sentimento della piet?. Considera un po' che sventura ? la mia: un bel giovane il pi? in vista fra tutti quelli della sua condizione, che tutta la citt? aveva riconosciuto come suo figliuolo, per giunta mio cugino, si era legato a me con un sentimento d'amore purissimo, che io ricambiavo. Aveva soltanto tre anni pi? di me, eravamo cresciuti insieme fin dall'infanzia, compagno inseparabile della mia camera e del mio letto. Da tempo eravamo fidanzati, anzi, con il consenso dei genitori e dai documenti ufficiali egli poteva gi? considerarsi mio sposo.
In vista delle nozze, tra uno stuolo numeroso di parenti e di amici egli gi? faceva sacrifici propiziatori nei templi e nei santuari; la mia casa era tutta adorna di lauri e risplendeva di luci e risuonava di canti nuziali; la mia povera madre, tenendomi sulle ginocchia, gi? mi faceva bella nell'abito nuziale e mi copriva di teneri baci, trepidante, facendo voti e sperando in cuor suo nella prole futura.
Proprio in quel momento all'improvviso, irruppero i briganti, tutti con le spade sguainate che mandavano lampi, come in una violenta scena di guerra. Non erano venuti per uccidere n? per saccheggiare, ma in schiera serrata entrarono direttamente nella nostra stanza. Nessuno dei servi tent? di ricacciarli, tanto meno di resistere, ed io, infelice, morta di paura e tutta tremante fui strappata dalle braccia materne. Cos? le mie nozze furono tragicamente interrotte e sconvolte, come quelle di Attide e di Protesilao.
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