35. Sic profata virgo conticuit ingressuque iam valido pompae populi prosequentis sese miscuit. Itur ad constitutum scopulom montis ardui, cuius in summo cacumine statutam puellam cuncti deserunt, taedasque nuptiales, quibus praeluxerant, ibidem lacrimis suis extinctas relinquentes deiectis capitibus domuitionem parant. Et miseri quidem parentes eius tanta clade defessi, clausae domus abstrusi tenebris, perpetuae nocti sese dedidere. Psychen autem paventem ac trepidam et in ipso scopuli vertice deflentem mitis aura molliter spirantis Zephyri vibratis hinc inde laciniis et reflato sinu sensim levatam suo tranquillo spiritu vehens paulatim per devexa rupis excelsae vallis subditae florentis cespitis gremio leniter delapsam reclinat.
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?Cos? disse la vergine e poi tacque e con passo deciso s'avvi? tra la folla che la segu? in corteo.
?Giunsero cos? alla rupe destinata, su in alto, in cima a un monte a strapiombo, e l? lasciarono la fanciulla, sola, l? lasciarono le fiaccole, spente con le loro lacrime, con cui s'eran fatti lume e a capo chino rientrarono alle loro case.
?I poveri genitori, distrutti da tanta sciagura, si chiusero nell'ombra pi? fitta delle loro stanze votandosi a una notte senza fine.
?Psiche intanto, spaurita e tremante, l? in cima alla rupe, si struggeva in lacrime, quand'ecco l'alito mite di Zefiro che mollemente spirava e in un vortice lieve le ventilava le vesti, dolcemente la sollev? da terra e sostenendola col suo soffio leggero, gi? gi? lungo il pendio del monte, la depose nel cavo di una valle in grembo all'erbe e ai fiori.
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