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Ovidio - database
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Apuleio
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Metamorfosi (l'asino d'oro), VI, 26
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originale
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26. Et unus: "Quo usque" inquit "ruptum istum asellum, nunc etiam claudum, frustra pascemus?" Et alius: "Quid quod et pessumo pede domum nostram accessit nec quicquam idonei lucri exinde cepimus sed vulnera et fortissimorum occisiones?" Alius iterum: "Certe ego, cum primum sarcinas istas quanquam invitus pertulerit, protinus eum vulturiis gratissimum pabulum futurum praecipitabo."
Dum secum mitissimi homines altercant de mea nece, iam et domum perveneramus. Nam timor ungulas mihi alas fecerat. Tunc quae ferebamus amoliti properiter nulla salutis nostrae cura ac ne meae quidem necis habita comitibus adscitis, qui vulnerati remanserant dudum, recurrunt reliqua ipsi laturi taedio, ut aiebant, nostrae tarditatis. Nec me tamen mediocris carpebat scrupulus contemplatione comminatae mihi mortis; et ipse mecum: "Quid stas, Luci, vel quid iam novissimum exspectas? Mors et haec acerbissima decreto latronum tibi comparata est. Nec magno conatu res indiget; vides istas rupinas proximas et praeacutas in his prominentes silices, quae te penetrantes antequam decideris membratim dissipabunt. Nam et illa ipsa praeclara magia tua vultum laboresque tibi tantum asini, verum corium non asini crassum sed hirudinis tenue membranulum circumdedit. Quin igitur masculum tandem sumis animum tuaeque saluti, dum licet, consulis? Habes summam opportunitatem fugae, dum latrones absunt. An custodiam anus semimortuae formidabis, quam licet claudi pedis tui calce unica finire poteris? ? Sed quo gentium capessetur fuga vel hospitium quis dabit? Haec quidem inepta et prorsus asinina cogitatio; quis enim viantium vectorem suum non libenter auferat secum?"
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traduzione
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?Ma fino a quando dovremo dar da mangiare a quest'asinello striminzito che ora s'? pure azzoppato? fece uno; e un altro, di rimando: ?Di' pure che da quando ha messo piede da noi non s'? fatto pi? un colpo buono: le abbiamo soltanto prese e i nostri compagni pi? validi ci hanno lasciate le penne;? e un terzo, di rincalzo: ?Ma appena questo pelandrone ci avr? portato a destinazione il carico, nel burrone io lo scaravento. Sai che bella festa sar? per gli avvoltoi.?
Mentre quei tipi cos? di buon cuore discutevano della mia morte, eravamo gi? arrivati a casa, ch? la paura mi aveva messe le ali agli zoccoli.
Ci scaricarono in gran fretta e senza curarsi di noi e tanto meno di farmi fuori, tirandosi dietro i compagni che prima s'erano fermati per curarsi le ferite, ripartirono di corsa per recuperare, essi stessi, il resto del bottino, dal momento che s'erano stufati - dicevano - della nostra lentezza.
Dal canto mio non ? che non fossi preoccupato pensando alla morte che m'era stata minacciata e fra me stesso m'andavo dicendo: ?Ma che stai a fare, Lucio? Che altro aspetti? Ormai questi banditi hanno deciso di spedirti all'altro mondo e con una morte orribile, peraltro senza troppo disturbo: eccoli qui, proprio qui sotto, precipizio e spuntoni di roccia che ti bucheranno e ti ridurranno a brandelli prima che tu arrivi al fondo. Ch? quella tua famosa magia t'ha dato, ? vero l'aspetto e le disgrazie di un asino, non la sua pelle, dura, robusta, che t'? rimasta, invece ma sottile sottile come quella d'una mignatta. Perch?, dunque, non ti fai animo e non cerchi di metterti in salvo finch? t'? possibile? L'occasione per fuggire ? splendida, ora che i banditi son fuori. O forse hai paura di quella vecchia mezza morta che ti fa la guardia e che un sol calcio del tuo piede zoppo potresti toglier di mezzo? Ma fuggire dove? E chi ti dar? ospitalit?? Ma che preoccupazione stupida ? questa, proprio da asino. Infatti chi ? quel viandante che trovandosi a sua disposizione una cavalcatura non sarebbe tutto contento di portarsela via??
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