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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), VII, 17
 
originale
 
17. At eundem modum distractus et ipse variis equorum incursibus rursum molares illos circuitus requirebam. Verum Fortuna meis cruciatibus insatiabilis aliam mihi denuo pestem instruxit. Delegor enim ligno monte devehundo, perque mihi praefectus imponitur omnium unus ille quidem puer deterrimus. Nec me montis excelsi tantum arduum fatigabat iugum, nec saxeas tantum sudes incursando contribam ungulas, verum fustium quoque crebris ictibus prolixe dedolabar, ut usque plagarum mihi medullaris insideret dolor; coxaeque dexterae semper ictus incutiens et unum feriendo locum dissipato corio et ulceris latissimi facto foramine, immo fovea vel etiam fenestra nullus tamen desinebat identidem vulnus sanguine delibutum obtundere. Lignorum vero tanto me premebat pondere, ut fascium molem elephanto, non asino paratam putares. Ille vero etiam quotiens in alterum latus praeponderans declinarat sarcina, cum deberet potius gravantis ruinae fustes demere et levata paulisper pressura sanare me vel certe in alterum translatis peraequare, contra lapidibus additis insuper sic iniquitati ponderis medebatur.
 
traduzione
 
Straziato anch'io allo stesso modo e assalito da ogni parte da quegli stalloni rimpiansi la macina del mulino. Ma la sorte che non s'era stancata di tormentarmi mi prepar? un nuovo flagello. Venni preso per trasportare legna gi? dalla montagna e mi si diede per conducente un ragazzo che, a dire il vero era il peggiore ragazzo del mondo. Non soltanto salire un monte cos? alto e cos? impervio era per me una fatica micidiale, non soltanto a correre su e gi? in mezzo ai sassi aguzzi mi s'eran consumate tutte le unghie, ma per di pi? le frustate che prendevo erano tante e poi tante che il dolore mi arrivava fino alla midolla delle ossa. A furia di colpirmi sulla zampa destra e sempre allo stesso punto, quello m'aveva rotta la pelle e prodotta una profonda lacerazione, anzi un buco, addirittura una finestra e, ci? nonostante, gi? ancora colpi, giusto sulla ferita sanguinante. Mi caricava poi di certi fasci di legna cos? enormi che li avresti creduti destinati a un elefante, non a un asino. Per di pi? ogni volta che il carico, mal distribuito, pendeva tutto da un lato non ? che quel birbante togliesse qualche pezzo di legno dalla parte sbilanciata, come era logico, tanto da alleggerirmi un po' e darmi un attimo di sollievo o per lo meno riequilibrasse il carico passandomene qualcuno dall'altro lato, macch?, rimediava alla differenza di peso aggiungendo delle pietre.
 

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