28. et cum dicto subsertis manibus exsoluit suam sibi fasceam pedesque meos singillatim inligans indidem constringit artissime, scilicet ne quod vindictae meae superesset praesidium, et pertica qua stabuli fores offirmari solebant adrepta non prius me desiit obtundere quam victis fessisque viribus suopte pondere degravatus manibus eius fustis esset elapsus. Tunc de brachiorum suorum cita fatigatione conquesta procurrit ad focum ardentemque titionem gerens mediis inguinibus obtrudit usque, donec solo quod restabat nisus praesidio liquida fimo strictim egesta faciem atque oculos eius confoedassem. Qua caecitate atque faetore tandem fugata est a mea pernicie: ceterum titione delirantis Althaeae Meleager asinus interisset.
|
Cos? dicendo trasse da sotto il vestito la fascia che le stringeva la vita e mi leg? strettamente i piedi perch? io non potessi avere alcuna possibilit? di difendermi; poi, presa una pertica che serviva per sprangare la porta della stalla, continu? a darmene tante finch? le ressero le forze e il bastone, pesante com'era, non le cadde di mano.
Imprecando, allora contro le sue braccia che s'erano cos? presto stancate, corse al focolare e, preso un tizzone ardente, me lo ficc? fra le natiche.
Ricorsi, allora, all'unica difesa che mi restava: le scaricai addosso un getto violento di sciolta che le imbratt? viso e occhi e, cos? accecata e soffocata dal fetore, quella peste mi si lev? di torno, altrimenti un asino sarebbe morto per il tizzone di un'Altea impazzita, come Meleagro.
|