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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), VIII, 7
 
originale
 
7. Sed Thrasyllus nimium nimius clamare, plangere et quas in primo maerore lacrimas non habebat iam scilicet crescente gaudio reddere et multis caritatis nominibus Veritatem ipsam fallere. Illum amicum, coaetaneum, contubernalem, fratrem denique addito nomine lugubri ciere, nec non interdum manus Charites a pulsandis uberibus amovere, luctum sedare, heiulatum cohercere, verbis palpantibus stimulum doloris obtundere, variis exemplis multivagi casus solacia nectere, cunctis tamen mentitae pietatis officiis studium contrectandae mulieris adhibere odiosumque amorem suum perperam delectando nutrire. Sed officiis inferialibus statim exactis puella protinus festinat ad maritum suum demeare cunctasque prosus pertemptat vias, certe illam lenem otiosamque nec telis ullis indigentem sed placidae quieti consimilem: inedia denique misera et incuria squalida, tenebris imis abscondita, iam cum luce transegerat. Sed Thrasyllus instantia pervicaci partim per semet ipsum, partim per ceteros familiares ac necessarios, ipso denique puellare parentes extorquet tandem iam lurore et inluvie paene conlapsa membra lavacro, cibo denique confoveret. At illa, parentum suorum alioquin reverens, invita quidem, verum religiosae necessitati subcumbens, vultu non quidem hilaro, verum paulo sereniore obiens, ut iubebatur, viventium munia, prorsus in pectore, immo vero penitus in medullis luctu a maerore carpebat animum; diesque totos totasque noctes insumebat luctuoso desiderio, et imaginem defuncti, quas ad habitum dei Liberi formaverat, adfixo servito divinis percolens honoribus ipso se solacio cruciabat.
 
traduzione
 
?Anche Trasillo gridava e si batteva il petto, fin troppo forte, anzi quelle lacrime che prima non era riuscito a spremere per il dolore, ora, per la gioia incontenibile, gli scendevan gi? copiose e, insieme ad altre mille esclamazioni di affetto, riuscivano a ingannare la stessa verit?: chiamava Tlepolemo amico, coetaneo, compagno, fratello, lo invocava per nome con lamenti che strappavano il cuore e intanto prendeva nelle sue le mani di Carite perch? ella cessasse di colpirsi il petto; cercava di calmare la sua disperazione, di frenare i suoi lamenti, di lenire con parole carezzevoli il suo acuto dolore, la consolava portandole vari esempi di altrettanti luttuosi incidenti. Ma tutta quella simulata piet? non era che un pretesto per palpeggiarsi la donna e alimentare con illeciti diletti il suo esecrabile amore. ?Appena ebbero termine le onoranze funebri la giovane fu impaziente di raggiungere suo marito e, considerate tutte le vie, scelte quella pi? dolce e pi? lenta, che non ha bisogno d'arma alcuna, che ? simile, piuttosto, a un placido sonno: insomma la poverina decise di lasciarsi morire d'inedia e, trascurando completamente la sua persona, nascondendosi nelle tenebre pi? fitte, aveva gi? detto addio alla luce. ?Ma Trasillo, a furia di insistere, o di persona o ricorrendo all'aiuto dei familiari o degli amici o degli stessi genitori della giovane, riusc? a tirarla fuori e a far s? ch'ella si decidesse a concedere a quel suo corpo, gi? roso dalla sporcizia e che aveva gi? il pallore della morte il ristoro di un bagno e di un po' di cibo. ?E cos? Carite, timorata com'era dei suoi genitori piegandosi al dovere che l'affetto le imponeva ma suo malgrado e con volto certo non lieto anche se un po' pi? sereno, riprese il suo posto tra i vivi, come le era stato ordinato. Ma nel suo cuore, nel pi? profondo dell'animo suo, sentiva pena e dolore e consumava i suoi giorni e le sue notti in un cupo rimpianto, del marito morto s'era fatta riprodurre l'effigie sotto l'aspetto del dio Bacco e ad essa con assidua devozione rendeva onori divini e questo era per lei una consolazione e, insieme, un tormento.
 

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