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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), VIII, 9
 
originale
 
9. At illa, ut primum maesta quieverat, toro faciem impressa, etiamnunc dormiens,lacrimis emanantibus genas cohumidat et velut quodam tormento inquieta quiete excussa luctu redintegrato prolixum heiulat discissaque interula decora brachia saevientibus palmulis converberat. Nec tamen cum quoquam participatis nocturnis imaginibus, sed indicio facinoris prorsus dissimulato, et nequissimum percussorem punire et aerumnabili vitate sese subtrahere tacita decernit, Ecce rursus inprovidae voluptatis detestabilis petitor aures obseratas de nuptiis obtundens aderat. Sed illa clementer aspernata sermonem Thrasylli astuque miro personata instanter garrienti summisseque deprecanti: "Adhuc" inquit "tui fratris meique carissimi mariti facies pulchra illa in meius deversatur oculis, adhuc odor cinnameus ambrosei corporis per nares meas percurrit, adhuc formonsus Tlepolemus in meo vivit pectore. Boni ergo et optimi consules, si luctui legitimo miserrimae feminae necessarium concesserit tempus, quoad residuis mensibus spatium reliquum compleatur anni, quae res cum meum pudorem, tum etiam tuum salutare commodum respicit, ne forte inmaturitate nuptiarum indignatione iusta manes acerbos mariti ad exitium salutis tuae suscitemus."
 
traduzione
 
?Carite, che poco prima s'era addormentata tutta triste, la faccia contro il guanciale, e che anche nel sonno rigava le sue gote di lacrime, riscuotendosi da quel suo riposo agitato, come da un incubo, risent? la stretta del dolore e ricominci? a dare in lunghi e acuti lamenti, a strapparsi la veste, a martoriarsi le belle braccia con le sue piccole mani crudeli. ?Per? non accenn? ad alcuno del suo sogno ma fingendo di non saperne nulla del delitto, decise di punire l'infame assassino e poi di por fine a quella sua vita senza pi? gioia. ?E cos?, ogni volta che l'odioso pretendente tornava nuovamente alla carica, martellando con domande di nozze quelle orecchie che non erano disposte ad ascoltarlo, ella amabilmente respingeva le sue proposte e alle insistenze, alle implorazioni di lui, a meraviglia e astutamente recitava la sua parte: ?'I miei occhi,' diceva, 'sono ancora pieni dell'immagine del mio adorato marito che per te era come un fratello; sento ancora il profumo del suo corpo divino che sapeva di cinnamomo. Oh, il bel Tlepolemo ? ancora vivo nel mio cuore. Comportati da quel galantuomo che sei e concedi a questa povera donna che sia trascorso con i mesi che restano, almeno il tempo necessario, cio? l'anno di lutto stabilito. Questo, sia per difendere il mio pudore che per il tuo interesse, perch? non vorrei suscitare l'ombra adirata di mio marito e il suo giusto sdegno per le nozze premature con funeste conseguenze per la tua incolumit?.'
 

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