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Progetto
Ovidio - database
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Apuleio
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Metamorfosi (l'asino d'oro), VIII, 15
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originale
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15. Haec ille longos trahens suspiritus et nonnumquam inlacrimans graviter adfectis rusticis adnuntiabat. Tunc illi mutati dominii novitatem metuentes et infortunium domus erilis altius miserantes fugere conparant. Sed equorum magister, qui me curandum magna ille quidem commendatione susceperat, quidquid in casula pretiosum conditumque servabat meo atque aliorum iumentorum dorso repositum asportans sedes pristinas deserit. Gerebamus infantulos et mulieres, gerebamus pullos, passeres, aedos, catellos, et quidquid infirmo gradu fugam morabatur, nostris quoque pedibus ambulabat. Nec me pondus sarcinae, quanquam enormis, urguebat, quippe gaudiali fuga detestabilem illum exsectorem virilitatis meae relinquentem.
Silvosi montis asperum permensi iugum rursusque reposita camporum spatia pervecti, iam vespera semitam tenebrante, pervenimus ad quoddam castellum frequens et opulens, unde nos incolae nocturna immo vero matutina etiam prohibebant egressione: lupos enim numerosos grandes et vastis corporibus sarcinosos ac nimia ferocitate saevientes passim rapinis adsuetos infestare cunctam illam regionem iamque ipsas vias obsidere et in modum latronum praetereuntes adgredi, immo etiam vaesana fame rabidos finitimas expugnare villas, exitiumque inertissimarum pecudum ipsis iam humanis capitibus imminere. Denique ob iter illud qua nobis erat commeadum iacere semesa hominum corpora suisque visceribus nudatis ossibus cuncta candere ac per hoc nos quoque summa cautione viam aggredi debere, idque vel in primis observitare ut luce clara et die iam provecto et sole florido vitantes undique latentes insidias, cum et ipso lumine dirarum bestiarum repigratur impetus, non laciniatim disperso, sed cuneatim spirato commeatu difficultates illa transabiremus.
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traduzione
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Queste cose, tra lunghi sospiri e qualche lacrima, rifer? quel servo ai contadini che rimasero profondamente impressionati; anzi temendo un nuovo padrone e commiserando la sventura toccata al loro signore, decisero di fuggire.
Ma il capo delle scuderie, quello al quale io ero stato affidato con mille raccomandazioni, lasci? la vecchia dimora accatastando sulla mia schiena e su quella degli altri quadrupedi tutto ci? che teneva nella sua casetta e avesse qualche valore. Portavamo bambini, donne, polli, uccelli, capretti, cagnolini, insomma tutto ci? che per la propria lentezza ci avrebbe ritardato la marcia; camminava con i nostri piedi. A me, per?, il carico che portavo, per quanto fosse enorme, non era gravoso dal momento che con quella fuga provvidenziale mi lasciavo indietro quel detestabile individuo che mi voleva castrare.
Superato un monte ripido e boscoso, ridiscesi nuovamente al piano, procedemmo fra i campi liberi e aperti finch? non giungemmo a un borgo ricco e popoloso che gi? stava annottando.
Gli abitanti ci raccomandarono di non uscire di notte e nemmeno di prima mattina, perch?, ci dissero, lupi giganteschi, ferocissimi, in grossi branchi infestavano e rapinavano tutta la regione, anzi si appostavano lungo le strade e assalivano i viandanti come veri e propri banditi; resi ancor pi? feroci dalla fame, addirittura attaccavano i vicini villaggi minacciando di strage gli stessi abitanti come se fossero pecore inermi. E aggiunsero anche che proprio la strada che dovevamo percorrere era disseminata di corpi umani semidivorati e biancheggiava qua e l? di ossa spolpate e che noi, quindi, dovevamo procedere con ogni cautela e soprattutto riprendere il cammino in piena luce, a giorno fatto, col sole alto, proprio per evitare le insidie che si celavano da ogni parte, dal momento che soltanto la luce frenava l'impeto di quelle bestie feroci; e che, se volevamo superare tutte quelle difficolt?, dovevamo avanzare in gruppo serrato, a cuneo, e non in ordine sparso.
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