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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), VIII, 16
 
originale
 
16. Sed nequissimi fugitivi ductores illi nostri caecae festinationis temeritate ac metu incertae insecutionis spreta salubri monitione nec exspectata luce proxuma circa tertiam ferme vigiliam noctis onustos nos ad viam propellunt. Tunc ego metu praedicti periculi, quantum pote, iam turbae medius et inter conferta iumenta latenter absconditus clunibus meis ab adgressionibus ferinis consulebam iamque me cursu celeri ceteros equos antecellentem mirabantur omnes. Sed illa pernicitas non erat alacritatis meae, sed formidinis indicium; denique meum ipse reputabam Pegasum inclutum illum metu magis volaticum ac per hoc merito pinnatum proditum, dum in altum at adusque caelum sussilit ac resultat, formidans scilicet igniferae morsum Chimaerae. Nam et illi pastores qui nos agebant in speciem proelii manus obarmaverant: hic lanceam, ille venabulum, alius gerebat spicula, fustem alius, sed et saxa, quae salebrosa semita largiter subministrabat; erant qui sudes praeacutas attollerent; plerique tamen ardentibus facibus proterrebant feras. Nec quicquam praeter unicam tubam deerat quin acies esset proeliaris. Sed necquicquam frustra timorem illum satis inanem perfuncti longe peiores inhaesimus laqueos. Nam lupi, forsitan confertae iuventutis strepitu vel certe nimia luce flammarum deterriti vel etiam aliorsum grassantes, nulli contra nos aditum tulerunt ac ne procul saltem ulli comparverant.
 
traduzione
 
Ma quegli sconsiderati che nella loro fuga avevan tirato dietro anche noi, per la smania di far presto, nel timore di un improbabile inseguimento, se ne infischiarono di quei saggi avvertimenti e senza aspettare che venisse giorno, in piena notte, carichi come eravamo, ci rimisero in strada. Io, per la paura del pericolo ventilato, me ne stavo nascosto pi? che potevo nel gruppo dei cavalli pensando a salvare le chiappe dall'assalto delle fiere, e tutti si meravigliavano come riuscissi ad allungare il trotto e addirittura a correre pi? degli stessi cavalli. Eppure quella fretta era segno di fifa, non di zelo, tanto che fra me cominciai proprio a credere che quel famoso Pegaso, per la paura, avesse messo le ali e che se la leggenda che l'aveva rappresentato alato, era stato proprio per quel gran salto che aveva spiccato fin su nel cielo, per la fifa d'essere morsicato dalla Chimera vomitante fiamme. Del resto anche quei pastori che ci guidavano erano come se stessero andando alla guerra. Chi portava una lancia, chi uno spiedo, chi delle frecce, chi un bastone o anche pietre che la strada sassosa forniva in quantit? alcuni poi s'eran presi dei pali acuminati, parecchi, infine, tenevano lontane le fiere con fiaccole accese. Non mancava niente, eccetto la tromba, per essere una vera e propria squadra in assetto di guerra. Ma tutti presi da quella nostra paura che doveva rivelarsi inutile noi incappammo in un guaio peggiore. I lupi, infatti, spaventati forse dal baccano di quella schiera compatta di giovani o dalla luce accecante delle torce, o perch? stavan facendo razzia altrove, non solo non ci assalirono ma non si fecero vedere nemmeno da lontano.
 

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