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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), VIII, 26
 
originale
 
26. At ille susceptum novicium famulum trahebat ad domum statimque illinc de primo limine proclamat: "Puellae, servum vobis pulchellum en ecce mercata perduxi." Sed illae puellae chorum erat cinaedorum, quae statim exsultantes in gaudium fracta et rauca et effeminata voce clamores absonos intollunt, rati scilicet vere quempiam hominem servulum ministerio suo paratum. Sed postquam non cervam pro virgine sed asinum pro homine succidaneum videre, nare detorta magistrum suum varie cavillantur: non enim servum, sed maritum illum scilicet sibi perduxisse. Et "heus," aiunt "cave ne solus exedas tam bellum scilicet pullulum, sed nobis quoque tuis palumbulis nonnumquam inpertias." Haec et huius modi mutuo blaterantes praesepio me proximum deligant. Erat quidam iuvenis satis corpulentus, choraula doctissimus, conlaticia stipe de mensa paratus, qui foris quidem circumgestantibus deam cornu canens adambulabat, domi vero promiscuis operis partiarius agebat concubinus. Hic me simul domi conspexit, libenter adpositis largiter cibariis gaudens adloquitur: "Venisti tamen miserrimi laboris vicarius. Sed diu vivas et dominis placeas et meis defectis iam lateribus consulas." Haec audiens iam meas futuras novas cogitabam aerumnas.
 
traduzione
 
E cos? costui si tir? dietro fino a casa il nuovo servitore. E dalla soglia cominci? a gridare: ?Su, bambine, eccovi un bel servitorino, l'ho comprato al mercato.? Ma le bambine altro non erano che un branco di finocchi i quali, subito entusiasmandosi, cominciarono a dare in urletti striduli e fessi, credendo per davvero che si trattasse di un servitorello pronto all'uso. Ma quando videro altro che una cerva sostituita a una vergine, ma addirittura un asino al posto di un uomo ecco che arricciarono il naso e cominciarono a schernire in vari modi il loro maestro, dicendogli che egli s'era portato a casa un marito per lui e non un servo per loro. ?Bada, per?, veh?? soggiunsero, ?non divorartelo tutto tu un cocco cos? bello, ma lasciacelo un po' anche a noi che siamo le tue colombine.? Scambiandosi piacevolezze di questo genere mi legarono a una mangiatoia l? vicino. Qui trovai un giovane molto robusto, abilissimo nel suonare il flauto, che essi avevano comperato al mercato degli schiavi con i soldi ricavati dalle elemosine. Quando i suoi padroni andavano in giro con la dea, costui li accompagnava suonando il flauto ma a casa, fra tutto il resto, doveva anche fare da marito un po' all'uno e un po' all'altro. Appena mi vide si precipit? a mettermi davanti una gran quantit? di cibo e: ?Finalmente,? mi fece tutto contento, ?sei venuto a darmi il cambio in questa faticaccia. Possa tu vivere a lungo e piacere ai miei padroni per dar cos? un po' di sollievo alla mia schiena che non ne pu? pi?.? E bastarono queste parole perch? io gi? mi figurassi le nuove disavventure che mi attendevano.
 

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