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brano
 
Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), VIII, 27
 
originale
 
27. Die sequenti variis coloribus indusiati et deformiter quisque formati facie caenoso pigmento delita et oculis obunctis graphice prodeunt, mitellis et crocotis et carbasinis et bombycinis iniecti, quidam tunicas albas, in modum lanciolarum quoquoversum fluente purpura depictas, cingulo subligati, pedes luteis induti calceis; deamque serico contectam amiculo mihi gerendam imponunt bracchiisque suis umero tenus renudatis, adtollentes immanes gladios ac secures, evantes exsiliunt incitante tibiae cantu lymphaticum tripudium. Nec paucis pererratis casulis ad quandam villam possessoris beati perveniunt et ab ingressu primo statim absonis ululatibus constrepentes fanatice provolant diuque capite demisso cervices lubricis intorquentes motibus crinesque pendulos in circulum rotantes et nonnumquam morsibus suos incursantes musculos ad postremum ancipiti ferro, quod gerebant, sua quisque brachia dissicant. Inter haec unus ex illis bacchatur effusius ac de imis praecordiis anhelitus crebros referens velut numinis divino spiritu repletus simulabat sauciam vecordiam, prorsus quasi deum praesentia soleant homines non sui fieri meliores, sed debiles effici vel aegroti.
 
traduzione
 
Il giorno dopo si misero dei vestiti sgargianti, si fecero belli truccandosi in modo osceno, impiastricciandosi la faccia con un cerone schifoso e segnandosi gli occhi, e uscirono in pubblico. Inoltre s'eran posti sul capo delle mitrie e, addosso, dei veli gialli di lino e di seta, alcuni, poi, bianche tuniche con una svolazzante smerlettatura di porpora a punta di lancia, cinture alla vita e sandaletti dorati ai piedi. La dea, avvolta in un manto di seta, me la sistemarono sulla schiena e loro, tiratesi su le maniche fino alle spalle, brandendo spade e scuri enormi, cominciarono a far come le baccanti, a danzare e a saltare, tutti eccitati al suono del flauto, che parevano degli ossessi. Toccarono cos? parecchie case e alla fine giunsero alla villa di un gran signore e l?, sull'uscio, si misero a fare uno strepito terribile, a cacciare urla assordanti, come degli invasati: dimenavano continuamente la testa, giravano il collo con movimenti lenti e serpentini, si scuotevano i riccioli, di quando in quando poi si davan coi denti nei muscoli e addirittura finirono per ferirsi le braccia con le spade di cui erano armati. Uno poi agitandosi pi? degli altri e mandando continui sospironi come se fosse posseduto da un nume, fingeva di essere pazzo furioso, quasi come se la presenza di un dio rendesse gli uomini deboli e infermi anzich? migliorarli.
 

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