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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), IX, 41
 
originale
 
41. At miles ille, ut postea didici, tandem velut emersus gravi crapula, nutabundus tamen et tot plagarum dolore saucius baculoque se vix sustinens, civitatem adventat confususque de impotentia deque inertia sua quicquam ad quemquam referre popularium, sed tacitus iniuriam devorans quosdam commilitones nanctus is tantum clades enarrat suas. Placuit ut ipse quidem contubernio se tantisper absconderet ? nam praeter propriam contumeliam militaris etiam sacramenti genium ob amissam spatham verebatur ?, ipsi autem signis enotatis investigationi vindictaeque sedulam darent operam. Nec defuit vicinus perfidus, qui nos ilico occultari nuntiaret. Tunc commilitones accersitis magistratibus mentiuntur sese multi pretii vasculum argenteum praesidis in via perdidisse idque hortulanum quendam reperisse nec velle restituere, sed apud familiarem quendam sibi delitescere. Tunc magistratus et damno et praesidis nomine cognito veniunt ad deversori nostri fores claraque voce denuntiant hospiti nostro nos, quos occultaret apud se certo certius, dedere potius quam discrimen proprii subiret capitis. Nec ille tantillum conterritus salutique studens eius, quem in suam receperat fidem, quicquam de nobis fatetur ac diebus plusculis nec vidisse quidem illum hortulanum contendit. Contra commilitones ibi nec uspiam illum delitescere adiurantes genium principis contendebant. Postremum magistratibus placuit obstinate denegantem scrutinio detegere. Immissis itaque lictoribus ceterisque publicis ministeriis angulatim cuncta sedulo perlustrari iubent, nec quisquam mortalium ac ne ipse quidem asinus intra comparere nuntiatur.
 
traduzione
 
Ma quel soldato, lo venni a sapere pi? tardi, riscuotendosi come da una solenne sbornia, barcollando e tutto dolorante per le ferite, a stento reggendosi sul suo bastone, raggiunse la citt?. Ai cittadini non disse nulla di quel che gli era capitato, vergognandosi di passare per un pusillanime e un inetto, ma rodendosi dentro per lo smacco patito, si sfog? con i suoi commilitoni e ad essi raccont? tutta la sua disavventura. Fu deciso che rimanesse nascosto per un po' sotto la tenda per non incappare nei rigori del regolamento militare che puniva chi avesse perduto la spada; gli altri, invece, conosciuti i nostri connotati, si sarebbero messi alla nostra ricerca e lo avrebbero vendicato. Immancabilmente, ci fu un disgraziato di vicino che fece la spia indicando il luogo dove eravamo nascosti. I soldati allora ricorsero ai magistrati e raccontarono, quei gran bugiardi, che durante il viaggio avevano perduto un vaso d'argento del loro comandante, di gran valore, che un ortolano l'aveva trovato ma si rifiutava di restituirlo e anzi si era andato a nascondere in casa di un amico. I magistrati, valutato il danno e l'importanza del comandante che l'aveva subito, si presentarono alla porta del nostro rifugio e ad alta voce intimarono al nostro ospite di consegnarci nelle loro mani, se non voleva mettere a repentaglio la sua testa, dal momento che sicuramente egli ci teneva nascosti presso di s?. Ma quello, per nulla intimorito e volendo a tutti i costi salvare colui che aveva confidato nella sua lealt?, non rivel? nulla sul nostro conto, anzi dichiar? che non aveva visto l'ortolano ormai da parecchi giorni, anche se i soldati continuavano a insistere, giurando sull'imperatore che egli era nascosto l? e in nessun altro luogo. Cos? i magistrati per smascherare quell'uomo che si accaniva a negare, decisero un sopralluogo e, chiamati i littori e gli altri pubblici ufficiali, ordinarono che procedessero a un'accurata e minuziosa perquisizione della casa. Ma quelli, alla fine, riferirono che non v'era traccia d'anima viva l? dentro e tanto meno di un asino.
 

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