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Ovidio - database
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autore
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Apuleio
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Metamorfosi (l'asino d'oro), X, 7
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originale
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7. Placuit salubre consilium et ilico iussus praeco pronuntiat, patres in curiam convenirent. Quibus protinus dignitatis iure consueta loca residentibus rursum praeconis vocatu primus accusator incendit. Tunc demum clamatus inducitur etiam reus, et exemplo legis Atticae Martiique iudicii causae patronis denuntiat praeco neque principia dicere neque miserationem commovere.
Haec ad istum modum gesta compluribus mutuo sermocinantibus cognovi. Quibus autem verbis accusator urserit, quibus rebus diluerit reus ac prorsus orationes altercationesque neque ipse absens apud praesepium scire neque ad vos, quae ignoravi, possim enuntiare, sed quae plane comperi, ad istas litteras proferam.
Simul enim finita est dicentium contentio, veritatem criminum fidemque probationibus certis instructi nec suspicionibus tantam coniecturam permitti placuit, atque illum potissimum servum, qui solus haec ita gesta esse scire diceretur, sisti modis omnibus oportere. Nec tantillum cruciarius ille vel fortuna tam magni indicii vel confertae conspectu curiae vel certe noxia conscientia sua deterrimus, quae ipse finxerat, quasi vera adseverare atque adserere incipit: quod se vocasset indignatus fastidio novercae iuvenis, quod, ulciscens iniuriam, filiis eius mandaverit necem, quod promisisset grande silentii praemium, quod recusanti mortem sit comminatus, quod venenum sua manu temperatum dantum fratri reddiderit, quod ac criminis probationem reservatum poculum neclexisse (se) suspicatus sua postremum manu porrexit puero.
Haec eximie nimis ad veritatis imaginem verberone illo simulata cum trepidatione proferente finitum est indicium.
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traduzione
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Questo saggio consiglio venne accolto e subito il banditore ebbe l'incarico di radunare i senatori nella curia.
Quando ciascuno si fu seduto al posto che gli assegnava il suo rango, nuovamente il banditore si fece sentire e chiam? il primo accusatore, poi, a gran voce, anche l'imputato, mentre avvertiva gli avvocati, secondo la legge Attica e la procedura dell'Areopago a non dilungarsi in esordi e a non appellarsi alla piet? popolare.
Che le cose fossero andate cos? io lo seppi dopo da alcune persone che continuarono a parlarne; quale poi sia stata la requisitoria del pubblico accusatore e con quali argomenti l'imputato si sia difeso e poi le arringhe e le discussioni, io non so proprio, confinato com'ero nella stalla, e quindi non sono in grado di riferirvelo; perci? su queste carte riporter? soltanto quello che ho potuto accertare.
Dunque, terminati i dibattiti, fu deciso che la verit? e l'attendibilit? delle accuse fossero accertate da prove sicure per non giungere a una condanna cos? grave su semplici sospetti e che, quindi, era necessario far venire in tribunale quel famoso servo, il solo che a detta di tutti, sapeva com'erano andate effettivamente le cose.
Ma quel delinquente, per nulla turbato dall'esito incerto di un processo cos? importante, n? dalla maest? della curia riunita al completo e tanto meno dalla sua coscienza sporca, cominci? a raccontare un sacco di fandonie facendole passare per pura verit?, che cio? quel giovane, infuriato per la repulsa della matrigna, lo aveva chiamato e per vendicarsi gli aveva chiesto di uccidere il figlio della donna promettendogli un grosso premio in cambio del suo silenzio; e che siccome lui s'era rifiutato, lo aveva minacciato di morte; che gli aveva consegnato il veleno da far bere al fratello, preparato con le sue mani, ma che poi, sospettando che egli non compisse il delitto e si tenesse la tazza come prova, alla fine l'aveva porta al ragazzo lui stesso.
Con queste dichiarazioni che quel miserabile fece con un'aria tutta spaventata e come se dicesse le cose pi? vere di questo mondo, il processo ebbe termine.
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